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Grillo novello figlio dei fiori

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Mettete dei fiori  nei vostri cannoni, questo era lo slogan che andava di moda a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, famoso in Italia grazie anche ad una nota canzone del complesso “I Giganti“. Allora una gran massa di giovani armati di chitarre, vestiti con camicie a fiori e con i capelli raso terra se ne andava dalle parti dell’isola di White a fare raduni a base di coca, hashish, marjuana al suono di mille chitarre che inneggiavano alla pace universale. La filosofia spiccia e piuttosto banale, che era alla base di quello che sarebbe diventato il movimento Hippy, era basata sull’amore libero e l’abbandono di tutte le certezze e i parametri sui quali era stata in qualche modo costruita la società occidentale di quel tempo.
 

Superfluo aggiungere che tale movimento poté affermarsi soltanto in Occidente vista la non particolare disponibilità democratica del blocco sovietico a simili esternazioni e manifestazioni da fiera campestre. Guarda caso però gli strali socio politici dell’orda di ragazzotti mezzi fatti e portatori sani di pidocchi, andarono però solo e soltanto contro il nemico numero uno, ovvero gli Stati Uniti d’America, considerati il grande male del pianeta. Mai e poi mai venne fatto in tutti i mega raduni dell’epoca alcun accenno alla dittatura militar comunista che allora imperversava oltre la cortina di ferro. Un movimento quindi poco, anzi per nulla credibile, che occhieggiava a sinistra farneticando su pacifismi, in quel caso, assolutamente sospetti, e delirava su enfatizzate derive imperialiste degli Stati Uniti.
 

La Guerra del Viet Nam, una guerra che, al di là di effettivi e innegabili interessi politici degli USA nella zona, fu comunque, non va dimenticato, una guerra di liberazione contro l’aggressione comunista dello stesso Viet Nam, divenne ben presto oggetto degli strali accaniti dei pacifisti a senso unico dell’epoca. Una guerra vista appunto come fumo negli occhi da chi si rifaceva sotto sotto all’ideologia comunista, rivestendola però di connotazioni vagamente libertarie. Le decine di milioni vittime del Comunismo avrebbero drammaticamente e impietosamente dimostrato quanto questa visione favolistica del Marxismo fosse lontana dalla realtà.
 

Questo preambolo ci serve per tornare un attimo a parlare di Beppe Grillo e delle sue performances televisive dell’altra sera. Dobbiamo dire francamente che ci ha un tantino deluso: ad un certo punto sembrava di parlare con uno dei tanti pensionati che di solito fanno la coda negli uffici postali o nelle sale d’attesa dei medici di base e che ingannano il tempo chiacchierando del più e del meno. Il comico, infatti si è dato ad una serie di dichiarazioni-esternazioni più da bar che da politico di professione. Per carità lui ha tutto il diritto di dire quello che gli pare, però probabilmente non si è accorto che l’altra sera il buon Vespa lo ha in qualche modo fatto uscire allo scoperto, facendogli rivelare impietosamente quanto ingenuo e fumoso sia in realtà il suo programma politico, ammesso che possa ancora chiamarsi programma politico.
 

Dopo aver detto peste e corna dell’EXPO 2015, dopo aver detto no alla Tav, no agli inceneritori, no al terzo valico in Liguria, no all’Europa (e qui potremmo anche dargli ragione), no al gas dotto Trans Adriatico, Grillo ci ha colpito per l’affermazione relativa alla necessità, a suo giudizio, di risparmiare una bella fetta di spesa pubblica sottraendola a quella stanziata per la costruzione degli F35. Una ricetta questa che sembra farci ripiombare appunto in piena era Hippy, ovvero indietro di quasi cinquant’anni quando si inneggiava alla necessità di mettere dei fiori nella bocca dei cannoni, solo di quelli americani però, dimenticandosi di vivere nella realtà e non nel paese dei balocchi di collodiana memoria.
 

Grillo, con questa sua affermazione, ha dimostrato di essersi costruito un coacervo di invettive, di manifesti elettorali capace magari di fare da eco ai luoghi comuni della gente non informata ma alla fine della fiera (…non quella dell’EXPO), dai connotati abbastanza ingenui dietro i quali è difficile scorgere precisi e realistici sviluppi politici. Una sagra dell’ovvio e del luogo comune da vendere all’uomo della strada per assicurarsene l’istintivo appoggio e per rinvigorirne la rabbia repressa da anni di delusioni e drammatici risvegli. E’ chiaro che, se andiamo, come nel caso dell’affermazione anti militarista, ad analizzare con la lente di ingrandimento le fiere stoccate del Grillo sparlante, queste finiscono inevitabilmente per essere ridimensionate e declassate al ruolo di semplici boutade irrealistiche e utopistiche. Come si faccia infatti ad eliminare in tutto o in parte (non si è capito bene) la spesa militare in un paese che opera all’interno della Nato e che tra le funzioni inserite nella sua Costituzione ha quella della difesa militare del suolo nazionale non è dato saperlo. Come non è dato sapere cosa lo stesso Movimento Cinque Stelle farebbe se andasse al governo del paese. Il sospetto che siamo soltanto in presenza di onesti, onestissimi pedalatori dilettanti della politica c’è e chissà che, una volta vinte le elezioni, non ci costringano a fare armi e bagagli e a trasferirci, a spese nostre per carità, nella suddetta isola di White, tra canti, balli e accoppiamenti surreali ma con la certezza, questa sì, di averci fatto diventare tutti onesti…figli dei fiori. 

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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