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L’oscuramento di Byoblu e l’ipocrisia di chi ne celebra la scomparsa

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L’oscuramento del canale YouTube di Byoblu ha generato imponenti manifestazioni di giubilo. Un’ennesima occasione utile per evidenziare l’ipocrisia e le contraddizioni presenti nel dibattito pubblico sulla libertà di stampa e sul ruolo dei giganti del web.

La chiusura del canale YouTube riservato alla testata web Byoblu è stata accolta da uno scrosciante spellar di mani in seno alla comunità liberal, ma non solo. La reazione di giubilo, a ben vedere, si è allargata a macchia d’olio, investendo tutti coloro i quali mostrano assoluta e incrollabile devozione al grande partito della stampa unificata. Un fatto di per sé di non così difficile comprensione.

Nel contesto di un’editoria orfana di finanziamenti pubblici il controllo dei mezzi di informazione è, da anni, inevitabilmente monopolizzato dall’alta società industriale. Fatto che produce due altrettanto inevitabili conseguenze: in primis un servizio di massa sempre più clientelare e poco propenso alla critica del potere (quasi sempre specchio degli interessi dei gruppi dirigenti) e in secondo luogo una diffusa disabitudine alle linee editoriali non omologate.

Specialmente quest’ultimo punto chiarisce i meccanismi che hanno condotto al suddetto senso di liberazione generale. Qualsiasi emittente, qualsiasi rotocalco e qualsiasi sito telematico si prefigga l’obiettivo di fare controinformazione, ossia proporre una chiave di lettura alternativa alle linee guida dell’informazione dominante e del mediaticamente corretto, genera stigma a prescindere. E’ in re ipsa un’eresia.

Poco importa che il deprecabile soggetto in questione fosse una testata regolarmente registrata, e quindi ritenuta idonea a fare informazione professionale secondo le leggi dello Stato. Poco importa che, con un click, siano andati persi 14 anni di contenuti e mezzo milione di iscritti.

Poco importa che, secondo logiche di pluralismo quasi sconosciute dai palinsesti mediatici principali, si siano alternati ospiti di vario genere: dai personaggi di dubbio gusto con venature grottesche e complottarde (si, Byoblu ne ha ospitati, è innegabile), fino a insigni e stimatissimi accademici quali Giulio Sapelli, Ugo Mattei o Eva Raffaella Desana (tutto tranne che prototipi di dietrologia).

E purtroppo, ancora una volta, poco importa che la libertà di espressione venga arbitrariamente censurata da una di quelle multinazionali private che, de facto, detengono l’oligopolio della comunicazione pubblica e politica: il tutto, senza agire in qualità di editori. La querelle Trump-Twitter ed i successivi oscuramenti subiti da pagine di estrazione opposta (vittime del tribunale distopico degli algoritmi) sembrano non avere insegnato nulla.

Gli stessi individui che sbandierano, a cadenze regolari, report sulla deficitaria posizione dell’Italia nelle graduatorie della libertà di stampa, non riescono a liberarsi di quel viscido parassita che è la doppia morale. E così, non paghi dei nefasti precedenti, tornano ad anteporre logiche faziose ad una obiettiva critica degli attuali sistemi di potere; tornano ad anteporre antipatie personali a sacrosante denunce sulla condizione precaria in cui versa l’informazione nel nostro paese.

Ebbene, a tutte queste persone che celebrano la dipartita della “fabbrica di complottismo e fake news” vanno ricordati due aspetti. Il primo è che le fonti ortodosse a cui conferiscono attendibilità incondizionata e dalle quali si sentono adeguatamente informati, sono stati capaci di inventarsi – o peggio, fiancheggiare – le frottole più disparate e ridicole.

 

Dalle armi chimiche di Saddam e Assad, ai commercialisti che abbandonano la professione per andare a fare i rider a 4000 euro al mese; dal peso di Navalny in Russia, al ruolo salvifico delle politiche di austerità. Per non parlare dell’infame criminalizzazione di un onesto collega come Assange.

Il secondo invece, ci aiuta a ribadire la fondatezza ancestrale dei proverbi. Vi ricordate quando la nonna vi diceva di non fare i conti senza l’oste? O che tutti i mali non vengono per nuocere? Ecco, grazie a questa manovra oscurantista ed alle celebrazioni precoci dei liberal nostrani, Byoblu è riuscito ad accumulare quasi 200.000 euro in soli tre giorni.

Una donazione abbondantemente superiore alla somma necessaria per acquistare un canale sul digitale terrestre e continuare così la sua opera – non sempre encomiabile, ma senz’altro legittima – di informazione. E controinformazione.

 

di Filippo Bacino

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