Il ritorno del fascismo scatena il panico e sembra essere il principale pericolo per la nostra quotidianità: timore giustificato o semplice specchietto per le allodole?
Chiunque abbia dimestichezza con le redazioni e con il sistema massmediatico, sa bene quanto sia importante per un evento soddisfare il requisito della notiziabilità. Già, perché ciò che conta non è tanto la rilevanza o la reale portata del fatto, ma l’attitudine del fatto stesso ad essere considerato appetibile dai fruitori delle notizie, ovvero i lettori.
Tra i criteri che vengono presi in considerazione, la tendenza riveste senza dubbio un ruolo nevralgico e, a ben vedere, le dinamiche del mondo dell’informazione non sono poi così difformi da quelle che governano il mondo della moda. Dapprima, si analizza un argomento di freschissima attualità o si riesuma un fenomeno molto vintage e dopo avergli conferito una posizione di monopolio quasi assoluto all’interno dell’offerta informativa, viene prontamente cestinato non appena il pubblico comincia ad esserne saturo.
Negli ultimi mesi abbiamo assistito a periodi dominati dal dibattito sulla legittima difesa, dalle malefatte delle ONG e dai casi di molestie innescati dalla sensibilità a scoppio ritardato di Asia Argento: tutti argomenti prontamente tramontati. E non perché le violazioni di domicilio, le operazioni poco chiare di chi interviene nel salvataggio dei migranti ed i ricatti a sfondo sessuale sul posto di lavoro si siano estinti, ma semplicemente perché la stessa onda non può essere cavalcata in eterno.
Il rigurgito nazifascista come nuovo argomento di tendenza
A tal proposito, l’imminente campagna elettorale, unita all’impietoso calo di consensi registrato dalle correnti moderate e liberiste vicine alle testate più autorevoli, ha dato un’imbeccata decisiva ai fini dell’individuazione del nuovo argomento di tendenza.
Gli organi d’informazione, dopo aver sensibilizzato la popolazione sugli strumenti utilizzati dal fronte populista per manipolare la coscienza collettiva (come le fake news e gli onnipresenti hacker russi), sono passati ad un vero e proprio terrorismo psicologico, volto a mettere in guardia i consociati da un male oscuro che starebbe conducendo la società verso un inesorabile Kali Yuga: il rigurgito nazifascista.
Repubblica apre in prima pagina con sondaggi che attestano come metà degli italiani tema i seguaci del littorio, le violenze squadriste sembrano tornate all’ordine del giorno (dopo che quattro skinhead hanno recitato una letterina di Natale in favore di telecamere) e il Fatto Quotidiano corrobora l’entità di questo cataclisma con un impeccabile editoriale sul fetore delle ascelle dei fascisti.
Insomma, il fascismo parrebbe essere nuovamente quell’inestirpabile cancro che veniva spesso apostrofato come “male assoluto”. Eppure, vi sono ragioni di carattere storico, sociologico e statistico che stridono non poco con questa teoria dell’orda nera.
La reale consistenza dell’orda nera
Si tratta di un movimento e di una dottrina, la cui morte politica va fatta coincidere con la dipartita di Mussolini, datata 28 Aprile 1945. Senza poi considerare la reale consistenza dei due partiti che trovano nel Ventennio la loro principale fonte d’ispirazione: una decina di consiglieri comunali sparsi per l’Italia nel caso di CasaPound ed appena 2500 iscritti in quello di Forza Nuova.
Ma allora come si fa ad attribuire un ruolo così dirimente nelle sorti di un paese ad un’entità quasi catacombale e con così pochi nostalgici attivi nel tentativo di resuscitarla? Come può una dottrina morta e sepolta avere a che fare con il collasso degli equilibri sociali ed occupazionali che ci hanno portato ad avere il più alto numero di poveri in Europa? Insomma, come può questo spauracchio recitare un ruolo diverso da quello del semplice ed ennesimo specchietto per le allodole?
Il ruolo dello spettro neofascista
La diagnosi è semplice e lineare. I partiti che hanno condotto questo paese alla più grave crisi lavorativa e salariale del dopoguerra, che hanno eliminato la tutela reintegratoria nei licenziamenti illegittimi, che hanno reso acausali e normalizzato i contratti a termine, che hanno aumentato l’età pensionabile e che hanno disumanizzato le periferie, scatenando una guerra tra poveri (autoctoni ed allogeni), si ripresentano alle elezioni. Ma per farlo con qualche minima velleità di successo, devono adoperarsi nel tentativo di cancellare un’onta di proporzioni bibliche.
Ecco che il rigurgito fascista assolve la funzione di un vero e proprio evergreen, buono per tutte le stagioni. Basta estrarlo dall’armadio, rispolverarlo un po’ e l’educazione impartitaci fin dalla scuola elementare, fatta di pane e sensi di colpa (per fatti di 70 anni fa), farà il resto.
La teoria di Zizek
A grandi linee, lo stesso concetto teorizzato dal filosofo sloveno Slavoj Zizek, intellettuale di riferimento della sinistra contemporanea. Quella vera, s’intende. “L’immagine demonizzata di una minaccia fascista serve chiaramente come un nuovo feticcio politico, feticcio nel semplice senso freudiano di un’immagine affascinante la cui funzione è di offuscare il vero antagonismo…la figura di “fascista” nell’odierna immaginazione liberale consente alle persone di offuscare le situazioni di stallo che stanno alla base della nostra crisi… La triste prospettiva che ci attende è quella di un futuro in cui, ogni quattro anni, saremo gettati nel panico, spaventati da una qualche forma di “pericolo neofascista”, e in questo modo ricattati per esprimere il nostro voto per il ” candidato “civilizzato” in elezioni prive di significato senza una visione positiva…il capitalismo globale ora si presenta come l’ultima protezione contro il fascismo, e se cerchi di farlo notare sei accusato di complicità con il fascismo.”
L’atavica intolleranza dei liberali
Così, mentre non si placano le levate di scudi contro questa imminente resurrezione di idee intolleranti, fondate sulla soppressione della libertà di espressione, tra i nostri illustri organi d’informazione non si trova nemmeno un’anima pia che menzioni con preoccupazione le parole di Marco Carrai. Il fidato consigliere di Renzi, nonché esperto di cybersicurezza, non più tardi di due settimane fa, ha affermato “Stiamo lavorando con uno scienziato di fama internazionale alla creazione di un “algoritmo verità”, che tramite artificial intelligence riesca a capire se una notizia è falsa. L’altra idea è creare una piattaforma di natural language processing che analizzi le fonti giornalistiche e gli articoli correlandoli e, attraverso un grafico, segnali le anomalie. A mio avviso ciò dovrebbe essere fatto anche a livello istituzionale.” Una trovata che nel demoniaco ventennio fascista, gli sarebbe valsa honoris causa un ruolo di vertice all’interno del MinCulPop.
La summa di Buttafuoco
Per riassumere questa psicosi mediatica generata dalla presunta orda nera, è difficile trovare un’espressione più efficace e calzante di quella partorita da Pietrangelo Buttafuoco sul suo Riempitivo. “La gente muore di realtà e l’editoria s’ingozza di minchiate”.
Filippo Klement