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La stampa mainstream si coccola l’Arabia Saudita, nuovo modello di progresso

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È ufficiale, l’Arabia Saudita e il suo principe Bin Salman sono diventate le nuove icone della stampa mainstream e del pensiero liberal occidentale.

La forza e la vitalità di un’ideologia si misura in buona parte dai suoi modelli di riferimento. Possono essere uomini, stili di vita, ma anche intere nazioni.

Passare da Noam Chomsky a Saviano, ecco perché la sinistra italiana sta morendo

Per valutare dunque il declino che sta colpendo inesorabilmente ciò che resta della “sinistra italiana” è sufficiente analizzarne i modelli di riferimento. Il tragico cammino verso il baratro di quest’area politica è stato sicuramente segnato dall’aver volutamente messo da parte personaggi del calibro internazionale di Noam Chomasky, per

Chomsky, uno dei pochi pensatori di sinistra ad essere rimasto dalla parte degli ultimi.

ripiegare su modelli del tutto provinciali alla Saviano.

Il motivo di questo suicidio? Forse avrebbe richiesto un eccessivo sforzo intellettuale sapersi ritagliare un posto di critica ragionata all’interno di un sistema a trazione global capitalista. O forse si è semplicemente deciso che gli interessi propri (di casta e di classe) valevano più della collettività e tanto valeva dunque andare a braccetto con il sistema. Così pur beccati con le mani nella marmellata di banche e colossi finanziari, gli esponenti della sinistra italiana continuano a inseguire modelli oltremodo discutibili.

I media mainstream in tripudio per le “conquiste” civili dei sauditi

Oggi è stato il turno dell’Arabia Saudita. Tale regime monarchico a guida clericale waahabita, viene oggi descritto con entusiasmo sulle pagine dei principali media mainstream italiani. Eccone alcuni esempi.

Arabia Saudita, le donne per la prima volta alla guida. Una vera e propria svolta storica per il Paese islamico che ha riconosciuto per la prima volta questo diritto (TgCom24)

Arabia Saudita: le foto più belle delle donne al volante (Panorama)

Arabia Saudita, la gioia delle donne al volante per la prima volta (Repubblica)

Arabia Saudita, svolta storica: le donne possono guidare (SkyTg24)

I commentatori italiani si complimentano con l’Arabia Saudita per questo grande risultato ottenuto in termini di “diritti civili”, mostrando con fierezza foto di donne festanti alla guida. Una narrazione non solo discutibile, ma che dipinge all’incontrario quello che è uno dei regimi più sanguinari presenti sulla faccia della terra.

A riprova di questo bizzarro modo di raccontare i fatti alla rovescia, vi è un estratto di Repubblica che con una sufficienza imbarazzante così scrive: “Nel Paese, uno dei più conservatori al mondo nonostante i tentativi di modernizzazione del principe ereditario Mohammed Bin Salman, 33 anni, restano comunque diversi divieti per le donne, tra cui l’impossibilità di aprire un conto in banca e di andare al ristorante con amici”. Il giornale di Scalfari elenca come fossero fatti di secondaria importanza quelli che sono dei divieti tirannici che opprimono tuttora le donne saudite, nonostante le gaudenti pagine odierne.

Un regime sanguinario trattato con i guanti

Insomma l’Arabia Saudita viene trattata dalla stampa italiana al pari di uno studente somaro ma, in fondo, dal cuore buono. Anche il vocabolario usato cambia. Non una volta l’Arabia Saudita viene menzionata con il termine “regime”, ma ha per la nostra carta stampa la legittimazione di essere chiamato Paese o addirittura nazione. Questo atteggiamento benevolo cerca goffamente di nascondere sotto al tappeto la vera natura di un regime liberticida. Ecco un esempio. Sotto la guida del Principe Bin Salman, quello che secondo SkyTg24 “ sta mettendo in atto un piano di riforme per modernizzare il Paese”, sono state decapitate per sentenza di Stato ben 48 persone in soli 4 mesi del 2018. Lo diceva il The Guardian lo scorso aprile.

(Un estratto in cui un “saudita decapitatore” si racconta)

Una macabra usanza frutto dell’interpretazione wahabita della shar’ia. In Arabia Saudita vige la pena capitale per lapidazione per le adultere e per fustigazioni per gli adulteri. Sono puniti con pena capitale anche gli omosessuali e le lesbiche. Per chi professa invece una religione differente dall’islam sunnita, c’è la “possibilità” di scelta: o si converte senza esitazioni oppure paga la tassa (dimma). Altrimenti? Una democratica incisione a livello della carotide. Per meglio dare dei termini di paragone, la legge che vige in Arabia Saudita differisce in ben pochi particolari da quella applicata nei territori sotto il controllo dello Stato islamico, al secolo Isis.

Il servilismo crea dei vicoli ciechi per chi lo esercita

A questo punto non resta altro che capire il motivo di siffatta ingiustificata adorazione per un regime così sanguinario. Non ci si capacita infatti del perché le stesse persone che scodinzolavano festanti dietro ai missili punitivi lanciati contro l’oscurantista regime (quello si?) dei talebani in Afghanistan, non solo si tacciono di fronte alla non nascosta violenza saudita, ma ne tessono addirittura le lodi. Un paradosso che può essere spiegato solo dal servilismo che permea tutta la stampa mainstream.

Quest’atteggiamento ha infatti portato a seguire in maniera certosina qualsiasi narrazione imposta dall’alto, senza mai pensare di metterla in discussione. La classe politica ha ben ammaestrato i suoi adepti della carta stampata, cercando così di far convergere gli interessi economici legati al petrolio saudita con un buon biglietto da visita per i loro clienti. Come gli adolescenti della gioventù hitleriana imparavano a dividere il mondo tra “ebrei cattivi” e “ariani buoni”, così i giornalisti italiani bacchettati dal padrone di turno hanno imparato che i “sauditi sono buoni”, mentre gli “iraniani sono cattivi”.

di Gabriele Tebaldi

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