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Warren Buffett, un Top Manager divenuto sindacalista

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Warren Buffett, uno degli uomini più ricchi del mondo, si è trasformato in un “sindacalista”.

Incredibile a dirsi, ma a leggere le dichiarazioni di quello che Forbes ha incoronato come secondo uomo più ricco al mondo, sembrerebbe proprio di ascoltare un socialista illuminato.

Il mea culpa di Buffett

“Il problema dell’economia? Sono le persone come me”, ha esordito così l’attuale primo azionista di Bank of America. “La ricchezza è aumentata ad tassi incredibilmente alti per le persone estremamente ricche. Se ritornate indietro al 1982, quando Forbes ha stilato la prima classifica dei 400 uomini più ricchi, i fortunati avevano un patrimonio complessivo di 93 miliardi di dollari, ora ne possiedono 2,4 trilioni di dollari. Il che vuol dire una media di oltre 25 miliardi a testa. Stiamo parlando di una ricchezza sproporzionata”.

Et voilà. L’oracolo di Omaha, così è soprannominato Buffett per la sua capacità di guadagno da speculazioni finanziarie, ha improvvisamente ricevuto “l’illuminazione sulla via di Damasco” e recita un mea culpa per le storture di un sistema capitalistico ormai divenuto totalitario e totalizzante. Dichiarazioni che suonano decisamente fuori luogo se pronunciate per bocca di un “ricchissimo” della terra.

I top manager sono i nuovi sindacalisti

Suonerebbero molto meglio in una sala conferenza di un sindacato. E già. Ed è proprio qua che casca il nostro asino, ovvero il sindacato. Un apparato che ha dimenticato tra le sabbie del tempo l’obiettivo per cui era stato creato. La tutela sociale del lavoratore nato dopo la Prima e Seconda Rivoluzione Industriale. In pratica il sindacato ha avuto il compito di mantenere aperto un dialogo tra datore di lavoro e lavoratore in modo tale che quest’ultimo potesse esprimere le sue richieste con il fine di migliorare o perlomeno rendere stabile la sua condizione economica e sociale.

Il tutto in linea con l’evoluzione del sistema produttivo. Quando però ti accorgi che nel 2017 il baraccone sindacale è retto da elementi come Susanna Camusso che concentra le rivendicazioni sull’articolo 18 (quando la stessa nulla disse in merito all’introduzione del Fiscal Compact in Costituzione, che de facto impedisce allo Stato di investire nei salari), allora si è giunti nel momento storico in cui i sindacati non sono altro che un surrogato del Potere stesso. Anzi funzionali ad esso, perché nelle loro battaglie da Don Chisciotte distolgono l’attenzione da quelle che sarebbero legittime rivendicazioni.

Il destino degli operai del nuovo millennio

Dunque se deve essere Warren Buffett a rivelarci che “l’evoluzione dell’economia “non porta benefici al dipendente di un’acciaieria in Ohio”, vuol dire che siamo appena entrati in una tragedia. Perché è dal 2006, ad oggi undici anni dunque, che Warren Buffett dice di essere “impegnato nel sociale”. Undici anni di militanza che oggi portano lo stesso a dichiarare di essere tuttora colpevole delle iniquità nel mondo. Tra la Camusso e Buffett l’operaio del nuovo millennio si ritrova in un incubo. Tra i due tuttavia va premiata almeno l’onestà intellettuale del secondo che ammette apertamente la natura criminale dei suoi affari. Di onestà intellettuale in Susanna Camusso ancora non vi è traccia.

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Di Gabriele Tebaldi

Classe 1990, giornalista pubblicista, collabora con Elzeviro dal 2011, quando la testata ha preso la conformazione attuale. Laurea e master in ambito di scienze politiche e internazionali. Ha vissuto in Palestina, Costa d'Avorio, Tanzania e Tunisia.

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