A fronte del generale lacrimatoio mediatico suscitato dal decesso di Sergio Marchionne,
forse è opportuno far sentire qualche voce contraria su questo accadimento che, in ogni salsa, ci stanno presentando (anzi, imponendo) come una tragedia per l’Italia, gli Usa ed il mondo intero.
La presunta grandezza di Marchionne è stata chiaramente indicata appena diffusasi la notizia del peggioramento “irreversibile” delle sue condizioni di salute: la Fiat valeva prima del suo avvento 6 miliardi di dollari,oggi sono 66 (4 mld si sono già ripersi ieri).
10 volte tanto, ma i lavoratori
hanno decuplicato il loro salario in proporzione? No, di certo. I licenziamenti e cassa integrazione sono stati il segno distintivo della “sua” gestione manageriale.
Marchionne, come manager in grado di procurare grandi profitti a se stesso, alla proprietà ed ai privilegiati azionisti, non ci sogniamo lontanamente di porlo in discussione nel suo ruolo dirigenziale. Sono i sopracitati i veri benefattori/beneficiati che devono piangerlo (se ne sono capaci), non certo i lavoratori e la società in genere, che subisce queste vergognose, enormi diseguaglianze.
Evidentemente esistono due diverse concezioni sul mondo del lavoro e sui relativi riflessi etico-sociali.
Per me Marchionne ha rappresentato il peggio del capitalismo. Quello che vedrebbe bene financo la schiavitù globalizzata.
Vincenzo Mannello
@v_mannello
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