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Il dietrofront di Mattarella e quegli impresentabili di sinistra

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Non avevano fatto nemmeno a tempo a salire sul carro del vincitore nonché salvatore della patria Sergio Mattarella, che ora devono ridiscendere, con figura da cioccolatai annessa.

Una storia grottesca ai limiti del surreale. D’altronde non poteva che iniziare a suon di giravolte e colpi di scena quella che viene denominata III Repubblica.

Mattarella protagonista in negativo della settimana

Da domenica ad oggi è successo di tutto e il fulcro della vicenda, almeno in Italia, è stato il Presidente Mattarella. Domenica scorsa ha rifiutato la lista dei ministri presentata dal Presidente del Consiglio incaricato, adducendo a quest’atto motivazioni esclusivamente politiche. Passa qualche ora e lo stesso Mattarella convoca Carlo Cottarelli per affidargli l’incarico di formare un Governo il giorno dopo. In questo caso il Quirinale bypassa anche la nomina di Cottarelli a Senatore a vita, come i precedenti della storia repubblicana richiederebbero. In due giorni Mattarella ha in pratica fatto carta straccia di tutte le procedure costituzionali che avevano regolato la figura del Capo dello Stato.

Nei due giorni seguenti ha poi regnato la confusione più totale. Tra accuse di attentato alla costituzione, promesse di manifestazioni oceaniche e sondaggi che non hanno fatto altro che certificare la parabola ascendente dell’esecutivo appena respinto, il Colle sembra infine aver fatto un passo indietro. Ecco la chiamata a Di Maio e il nuovo avvio delle trattative.

Savona rientra nell’esecutivo sbugiardando l’atto di Mattarella

Paolo Savona, l’uomo che aveva scatenano il caos, dopo essere stato accompagnato dalla porta da Mattarella, viene dallo stesso fatto rientrare dalla finestra. Un segno piuttosto evidente del fatto che il Quirinale si è accorto dell’interpretazione del tutto inusuale e probabilmente scorretta della Carta costituzionale. Il probabilmente è d’obbligo perché purtroppo questa crisi non è stata né parlamentarizzata né costituzionalizzata. In pratica esiste un solo organo che avrebbe la legittimità di dire se Mattarella abbia agito secondo le regole oppure no. Ed è la Corte Costituzionale.

Questa poteva essere chiamata o da Conte, premier incaricato, che tuttavia ha rimesso subito l’incarico, o in Parlamento, attraverso l’impeachment. Dato che nessuna delle due vie è stata percorsa, questa anomala procedura di Mattarella rischia di trasformarsi in consuetudine. Il lato comico della vicenda è che però, ora, un prossimo Presidente della Repubblica, magari con tendenze euroscettiche, potrà respingere la proposta di un Ministro troppo europeista all’economia. Adducendo come motivazione “la tutela dei risparmiatori dalle politiche di austerità”.

In quel caso un qualsivoglia Governo europeista incaricato si troverebbe in un cul de sac. Come potrebbe appellarsi all’impeachment dopo aver sbandierato un così forte attaccamento alle istituzioni? Paradossi di forze politiche che guardano al breve periodo e non più al passo con i tempi.

L’insistenza dei partiti conservatori nel perseguire strategie fallimentari

D’altronde più i giorni passano più si rimane esterrefatti dalla strategia adottata dai partiti che #stannoconMattarella. Dopo aver perso senza batter ciglio metà degli elettori, andati a rimpinguare le frange sovraniste, questi partiti che, senza sbagliarci potremmo definire conservatori, hanno mantenuto la stessa tattica fallimentare. Ovvero delegittimare l’avversario sbeffeggiandone le presunte lacune culturali e intellettive, cui conseguirebbe una totale irresponsabilità. In pratica, senza nasconderlo nemmeno troppo, suddetti partiti ritengono l’elettorato avversario ignorante rispetto alle principali materie politiche ed economiche e per questo discutibile sia nel suo atto di voto che in quello decisionale.

Sono due i paradossi di questa folle strategia che non poteva che dare risultati fallimentari. Il primo, evidente, è che con questo snobismo elitario detti partiti hanno rinnegato le origini da cui pretendono di discendere. “Avete ucciso Gramsci due volte” dice il simpatico Fusaro in riferimento a questa élite progressista.

Quell’incompetenza di sinistra al potere

Il secondo paradosso è invece più pratico e concreto. Non è infatti molto difficile scovare esempi di incompetenza, che sconfinano nella pura ignoranza, in queste stesse frange politiche. Elementi che oltretutto non sono stati marginalizzati, ma hanno anzi ricoperto cariche istituzionali con boria spocchiosa. Come d’altronde dimenticare l’inglese maccheronico sbandierato dal boyscout fiorentino, diventata hitparade dei canali Youtube.

Quei partiti che si dicono a difesa delle istituzioni non hanno poi avuto problemi a consegnare la casella della politica estera ad Angelino Alfano. Anche lui non ha un bel rapporto con quella che è la principale lingua della diplomazia.

Certo Salvini sbaglia ogni tanto i participi, Di Maio non è forse l’uomo più adatto a ricoprire il Ministero del Lavoro, tuttavia il più grande svilimento della cultura a livello istituzionale non è arrivato dai questi movimenti. Valeria Fedeli è stata l’ultimo Ministro dell’Istruzione, passata alla storia per aver ricoperto tale ruolo senza uno straccio di laurea. Un brutto messaggio per tutti quei giovani che a suon di soldi e sacrifici famigliari vedono il gradino più alto dell’istituzione scolastica e universitaria svilire così il più alto titolo universitario.

Nella sua breve storia da Ministro la Fedeli verrà infatti ricordata per una “buona scuola” fatta di tagli alle materie classiche e per il rimprovero dell’Accademia della Crusca riguardo ad un dissennato utilizzo dell’inglese nel Sillabo programmatico. Gli sconfitti di questa storia farebbero dunque bene a rivedere la loro strategia oltre a troncare per una buona volta discutibili alleanze maturate a livello internazionale.

 

di Gabriele Tebaldi

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