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Che fine ha fatto il modello greco?

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Moscovici e Tsipras, confermando le previsioni di Monti, parlarono di un paese tornato alla normalità. Eppure, un’analisi del Consiglio d’Europa (beatamente ignorata dai nostri media) porta a conclusioni diametralmente opposte.

 

“La Grecia è la manifestazione più concreta del grande successo dell’Euro”: questo è quanto sostenne l’ex premier Mario Monti durante un’ospitata televisiva di qualche anno fa. Una citazione che divenne ben presto virale, nonché sintomatica del fanatismo che caratterizza i più autorevoli esponenti eurofili. In quell’occasione (sempre che ce ne fosse ancora bisogno) capimmo che coloro i quali venivano – e vengono tuttora – presentati come esperti sobri, razionali, competenti e non accecati da alcun fervore ideologico, sono in realtà i più talebani tra i talebani.

Come tutti gli idealisti sono figli di un assunto fideistico e pertanto, disposti a tutto pur di perorare la causa. Una causa che si richiama alla deregolamentazione, alla subalternità della politica rispetto ai mercati e all’abbattimento della spesa pubblica; tutti principi in perfetta antitesi con il perseguimento sia del benessere collettivo, sia della dignità dei popoli, ma oramai coperti da una narrazione fatalista e compiacente.

 

Gli effetti della troika

L’ex premier Mario Monti

E’ giustappunto la Grecia a venirci in soccorso per dimostrare tanto l’integralismo dei tecnici equilibrati e composti, quanto la connivenza di un apparato mediatico convinto dell’imparzialità di questi personaggi. Sono ormai passati 10 anni dall’inizio della crisi, la troika ha fatto il suo corso e stando ai commenti riservati dai nostri organi di informazione negli ultimi mesi, le politiche di sacrifici imposte dagli accordi con Bruxelles avrebbero risollevato le sorti del paese ellenico. Quasi come se le parole di Monti non fossero state poi così tanto campate per aria.

Una versione che stride con molti fatti di cronaca. Dapprima con l’ormai conclamato utilizzo del cosiddetto fondo salva stati, il quale non è assolutamente servito a “pagare le pensioni dei greci” (come sosteneva la narrazione dominante), bensì a saldare indirettamente gli interessi delle banche tedesche e francesi che le indebitatissime casse greche non potevano più sostenere. In secondo luogo, è difficile dimenticarsi degli incendi che hanno devastato l’Attica nella scorsa estate e che Atene. Un’emergenza arginabile in linea di principio, ma che Atene ha dovuto fronteggiare – e dunque subire più del dovuto – a causa di tagli al costo del personale della protezione civile, del corpo forestale e dei vigili del fuoco, quantificabili attorno al 70%.

 

Il rapporto della Mijatovic

Tuttavia, se questi dati non fossero sufficienti, basta volgere lo sguardo ad un documento che non ha trovato grande risalto sui nostri quotidiani: fatto peraltro abbastanza singolare, trattandosi di un documento redatto da un’istituzione autorevole come il Consiglio d’Europa. A di Novembre la commissaria Dunja Mijatovic ha reso noti i dati di un’analisi condotta nei mesi precedenti, asserendo che le politiche di austerità imposte alla Grecia si siano tradotte in una palese violazione dei diritti umani.

I numeri sono impietosi, specialmente per ciò che concerne il settore sanitario. Oltre il 70% di tagli ai servizi di maternità e salute mentale, più di 3000 decessi causati da infezioni dovute alle pessime condizioni sanitarie degli ospedali, per non parlare dell’incremento del tasso di mortalià (superiore a quello delle nascite) e di quello dei suicidi arrivato fino al 40%. Dati drammatici, che possono tornare utili ogniqualvolta vengano decantate le virtù del sistema di solidarietà europeo. Oppure, ancora peggio, quando qualche spudorato avvoltoio abbia il fegato di auspicare per il nostro paese, lo stesso sistema che ha umiliato la culla della civiltà.

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Di Filippo Klement

Classe 1990, ha studiato giurisprudenza, a latere un vasto interesse per la storia contemporanea e la politica.

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