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Un risveglio anti-austerity

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L’economia italiana è bloccata, l’economia europea è bloccata, l’economia occidentale è bloccata.

I dati parlano chiaro, a differenza di tutti gli economisti che negli ultimi quarant’anni non hanno fatto altro che profetizzare una stabilità inesistente e un equilibrio economico quanto mai onirico. Tra gli anni ’80 e i primi anni ’90 furono i teorici del neoliberismo a gettare gli Stati occidentali in quel complicato processo di deindustrializzazione che ha portato ad un aumento folle della disoccupazione europea, nella convinzione che l’investimento sull’economia finanziaria potesse sopperire all’affievolimento dell’economia reale.

La deregolamentazione dell’economia ha avuto come conseguenza la caduta della potenza economica americana, come ha anche annunciato il rapporto del National Intelligence Council lo scorso dicembre; economia ormai surclassata dalla potenza cinese. A questa prima spirale recessiva si è aggiunta poi la cosiddetta corrente dell’austerity, pensiero economico tipicamente europeo con l’intenzione di fissare dei parametri economici entro cui ciascuno Stato deve stare, pena l’esclusione dal mercato comune.

In assenza di guerre, terremoti ed altre catastrofi naturali, la crisi non può che venire dall’interno del sistema  e dagli errori reiterati dei teorici economisti: il Pil italiano previsto per quest’anno è negativo dell’1,5%, anche la stessa Germania, sempre decantata per virtuosismo, avrà un tasso di crescita non oltre lo 0,3% (pressoché nullo). Se ci spostiamo poi sul mercato del lavoro i dati diventano imbarazzanti,dove il tasso di disoccupazione tocca e supera in alcune zone del sud Europa il 10%.

Tutto questo perché si è cercato di tappare i buchi di un mercato finanziario completamente deregolato, lasciando però l’economia reale in balia dei risvolti negativi che la speculazione selvaggia può dare. Adesso si osserva un primo risveglio da parte degli organismi internazionali, fin ora poco lungimiranti nella gestione di una strategia che potesse risollevare le sorti di un occidente in evidente declino.

Si è risvegliata la numero uno del FMI, Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, la quale si è finalmente convinta che per uscire dalla spirale recessiva sarebbe più che utile smuovere quell’indicatore degli investimenti ormai fermo da troppo tempo, affermando che la Bce ha spazi di manovra per ridurre i tassi.

Madame Lagarde si è dimenticata di aggiungere un particolare fondamentale: in Italia, così come in Spagna e in Grecia, le imprese hanno accumulato un credito enorme nei confronti dello Stato, bloccando così i possibili investimenti; la situazione è risolvibile solo attraverso la copertura del debito da parte delle banche centrali nazionali (le uniche in questo momento in grado di erogare denaro liquido). Solo così si potrà concretizzare questo timido risveglio anti-austerity, che per ora consiste in sole parole.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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