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Scalfari, il saltimbanco sei tu

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E’ assennato dare ancora tanto spazio televisivo al nonno dei radical chic italiani?

Mia nonna è del ’25, ha aiutato i partigiani nascondendosi le pistole tra le morbide vesti che nei bei tempi andati le fanciulle portavano lasciando vagare l’immaginazione. Altri nonni stavano su posizioni antitetiche, al nord, e tenaci fino al Ridotto alpino repubblicano, per intenderci. Nonna era tremendamente bella, l’ho vista in foto. Parla un po’ come quel vecchio signore, Eugenio Scalfari, che vive fuori dal tempo e dal web, che disprezza perché non conosce, ma che è ormai l’unico strumento che valga la pena coltivare per l’informazione, insieme ai giornali popolari e che trattano le vicissitudini locali. Per questa sua cadenza laziale che scorre nella mia genealogia italobastarda mi capita distrattamente di farmi ammaliare dagli estratti dei suoi interventi nelle trasmissioni condotte da ex membri dell’europarlamento del Partito democratico, ritornati a fare i giornalisti tradendo il mandato dei cittadini perché evidentemente annoiati da Bruxelles (Gruber). 

Ormai il grande circo politico è totalmente avulso dalla realtà delle cose che riguardano il cittadino comune. Scalfari ha 92 anni e si prende tutte le pause del mondo quando divaga, più o meno maestosamente, dimenticandosi nomi, cose e città. Arrivarci, comunque, così lucido a quella età. Mia nonna, non invitata nei talk show né riverita da giornalisti leccaculo, sta accusando un po’ di più il macigno del secolo che si porta, pur fieramente, sulle spalle. Eppure non ostante la confusione sugli ultimi decenni, si rammenta alla perfezione i tedeschi, gli americani e i partigiani e mille aneddoti che finiranno nella polvere perché non esiste un Pansa per ogni famiglia d’Italia.

Quando, spesso, ad un insigne intellettuale come il compagno Eugenio vengono stesi tappeti rossi, questi quivi si prolunga dando di ciance: soprattutto nei salotti televisivi che testate di controinformazione come questa ed altre, per vizio ontologico, repellono. Nelle protese ciance la vocetta roca e antica si condensa in un tremendo e quasi violento livore quando si affaccia alla porta qualsiasi tema o personaggio che possa scalfire quel dorato status quo costruito alacremente fin da quando, a vent’ anni, Scalfari scrisse editoriali fantasiosi per una delle varie testate giornalistiche marcatemente fasciste per cui lavorava. 

Poi tac, il classico salto della quaglia ed oggi eccolo lì: estremo tra gli estremi, ancora a seminare zizzania ed accusare altri di eccessiva volontà d’apparizione. Il suo attuale più grande nemico sono i grillini, nemmeno i renziani, essendo convinto che i suoi prodi in seno al Pd (già vecchietti pure loro) riusciranno a tenere a bada il “giglio magico”. Scalfari accusa i grillini di fare tutto sotto dettatura. Di allearsi con Farage, ma il nome non se lo ricorda e seguita ad additarlo come “quello lì”. Grande peccato capitale, constatando come costui sia contro la moneta unica europea. E’ un britannico indipendentista, ed in Gran Bretagna, come in molti altri paesi Ue permane la moneta nazionale.

L’indignazione del vecchietto è tutta per il comando autoritario di Grillo sul movimento cinque stelle. E qui Gruber a dargli manforte (“perché non viene in tv?”, magari ai suoi bei dibattiti unidirezionali…). Senonché le critiche del geniale si palesano in aperta contraddizione con quella che è stata la sua intera vita di giornalista allineato (per non dire, per carità, leccaculo del potente). Dalla sua torre d’avorio Scalfari, assai riverito dal popolo che ancora si informa e dà credito alla televisione (in continua decrescita), lancia traballanti anatemi dopo che per decenni ha collaborato al gruppo d’informazione, quello di Repubblica-L’Espresso, attore prolifico di pregnante ed innegabile impegno politico, tutto sotto la conduzione di un titano dell’editoria nato italiano, ma con cittadinanza straniera, extracomunitaria: svizzera (De Benedetti).

L’arroganza di questi figuri sarebbe di per sé ormai sterile e divertente, se non fosse che, dopo la perdita di Torino, del timone del partito di pseudo maggioranza (non il più votato), anche il renzismo sembra avviatosi alla conclusione. Questo governo Gentiloni appare soltanto il colpo di coda di un pesce già pescato, e qui i vecchi pescioni rimasti in mare vorranno riprendere il comando del banco piddino alla prossima tornata politica.

“Fate ridere”, dice Scalfari ai grillini, e forse ha ragione, ma dimentica di essere il primo Rigoletto della storia repubblicana, fin da quando era ancora un regnicolo e scriveva per “Roma Fascista”, partecipando attivamente ai Gruppi universitari fascisti. Come il verdiano giullare di corte, ha saltato di qua e di là per settant’anni al servizio del potente, ma ora, forse dati i capelli candidi, si sente in diritto di zittire in malo modo, di scherzare con personaggi del calibro di Gruber (descritta completamente nell’inciso sopra) sfottendo il pur ben retorico ma educatissimo Di Battista (video), davanti a migliaia di telespettatori. Senza rispetto dunque né per gli interlocutori, né tantomeno per il popolo, da vero padre, anzi nonno dei radical chic d’oggi. I radical chic, leggi: altezzose greggi tanto zelanti nel votare Pd, quanto beelanti.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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