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Foibe ed Esodo… Un silenzio che dura da cinquant’anni

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di Diego Michelini

Centro Studi Silentes Loquimur

 

Leggo un interessante articolo a  firma Gabriele Tebaldi, riguardante il finanziamento ai partigiani per diffondere nelle scuole la cultura partigiana. La “ministra” Stefania Giannini di Scelta Civica, evidentemente vissuta a pane e resistenza, confonde la cultura con la tragedia. 

Un ex fascista poi icona della vulgata resistenziale scrisse “Il terrorismo ribelle non è fatto per prevenire quello dell’occupante, ma per provocarlo, per inasprirlo. Esso è autolesionismo premeditato: cerca le ferite, le punizioni, le rappresaglie per coinvolgere gli incerti, per scavare il fosso dell’odio. E’ una pedagogia impietosa, una lezione feroce”   Il suo nome? Giorgio Bocca. 

La storia non si interpreta ma si studia, dunque lo studioso (revisionista) sa molto bene che il fenomeno partigiano mirava a provocare rappresaglie e tragedie ai danni di civili inermi. I docenti scolastici che si susseguono negli atenei hanno sempre insegnato la storia, pro domo sua, ovvero a favore di quella parte politica che regge da oltre sessant’anni quel castello di fandoniecostruito sulle ceneri della Seconda Guerra Mondiale. Durante la conferenze che proponiamo nei licei mi sento domandare dagli studenti come mai “il silenzio dei vivi” ha soffocato il ricordo degli orrori e delle tragedie del nostro confine orientale? 

Foibe ed Esodo è un tema ricorrente per far capire ai giovani che oltre 350.000 italiani dovettero abbandonare la loro terra complicii partigiani comunisti italiani. Un progetto di pulizia etnica che costo la vita ad oltre 20mila persone scomparse e 5000 finiti nelle foibe, un disegno perseguito con ambiguità dal PCI e da Palmiro Togliatti, attraverso la complicità dei Padri della Patria. 

Siamo in possesso di un documento prot. 2269/77 di una missione slovena detta “Berto” che incontrò Luigi Longo, Ferruccio Parri, Leo Valiani, Mario Lizzero. Un documento del 17/7/44 riservato e tenuto segreto per decenni, i quali dopo un lungo colloquio diplomatico prendono atto degli accordi stipulati tra il Comando Generale delle Brigate Garibaldi CLNAI  ed il Comitato del IX Corpo d’Armata dell’Esercito di Liberazione Jugoslavo. Tutti passaggi formali per far riconoscere i diritti degli jugoslavi sulle nostre terre. Una storia vergognosa sancita da un vergognoso trattato di pace, tirato in ballo, nella data scelta per il ricordo:10 febbraio 1947. 

Durante una conferenza in un liceo torinese una insegnante di storia ebbe il coraggio di dirmi che quel genocidio fu un “fatto locale”. Quando gli esuli arrivarono in Patria furono trattati come dei fuorilegge. All’arrivo delle navi a Venezia e ad Ancona, donne vecchi e bambini furono accolti con insulti, fischi e sputi e tutti furono prese le impronte digitali. A La Spezia un dirigente della camera del lavoro arrivò ad affermare: “in Sicilia hanno il bandito Giuliano, noi qui abbiamo i banditi giuliani”. Serve forse ricordare i nomi di alcuni di questi “banditi”: Ottavio Missoni, Alida Valli, Enzo Bettiza, Nino Benvenuti

Lo scorso anno a Firenze l’Anpi, che si ritiene custode dei valori fondanti della democrazia, ha manifestato con la sinistra radicale contro un corteo a ricordo dei Martiri delle Foibe, definita “una strumentalizzazione neofascista delle Foibe”. Il presidente Napolitano che si ostina a far finta di nulla sulla più alta decorazione italiana concessa da Saragat al boia jugoslavo e mai rimossa. 

Anche l’Arma dei Carabinieri subì a Tarvisio, nei pressi di Malgabala, un massacro ad opera dei partigiani titini. Facevano parte della Repubblica Sociale Italiana e per questo motivo l’eccidio, per decenni, passò sotto silenzio, finchè nel 2009, per merito di Marco Pirina scomparso nel 2012 , furono decorati con la medaglia d’oro al ricordo. 
Riassumo brevemente la loro storia per far capire a che punto giunse la malvagità delle orde partigiane slave. 

La sera 23 marzo 1944 un distaccamento fisso di carabinieri a protezione della centrale elettrica di Valle di Bretto fu attaccato da un commando partigiano e con facilità, tramite un tranello, catturarono i 12 carabinieri. Li condussero a marce forzate nei pressi di una malga (Malgabala), ai poveretti fu distribuito un minestrone nel quale era stata aggiunta una miscela di soda caustica e delsale nero, purgante per il bestiame. Il comandante Primo Amenici, fatto denudare fu sodomizzato. Essendogli, poi stato conficcato un legno ad uncino nel nervo posteriore del tallone, fu issato ad una trave a testa in giù per costringerlo ad assistere  all’uccisione dei suoi uomini. I militari dopo supplizi e violenze sessuali, furono finiti a picconate. Ad alcuni furono asportati i genitali e conficcati in bocca. A Primo Amenici squarciarono il petto per mettergli nel cuore la foto dei suoi cinque figli. Per ultimo fu assassinato il vice brigadiere Dino Perpignano a calci in testa. Questi erano i partigiani del maresciallo Tito, stimato ed onorato dal presidente più amato degli italiani. 

Ricordiamo inoltre i prigionieri italiani, catturati a guerra finita, dalle truppe titine, erano combattenti appartenenti alla RSI, partigiani militari del Regio Esercito, migliaia di civili arrestati e deportati nei campi di concentramento. Nel 1962 erano ancora detenuti 36 italiani nella miniera di rame di Mitrovica, “prigionieri speciali” che il governo italiano manteneva…”purchè non tornino” questo era l’ordine perentorio diramato dai nostri governanti. 

La Storia piaccia o non piaccia non ha e non deve avere riguardi per nessuno, dunque suggerisco alla Giannini di non interpretare la storia ma di studiarla perché una nazione (il paese?) non ha futuro se non conosce il proprio passato. Buon lavoro alla “ministra” e ai soloni dell’Anpi.

Segue un video in cui il compianto Marco Pirina, già presidente del centro studi Silentes Loquimur, parla dell’esodo istriano e giuliano.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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