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L’altro Gramsci, il fascista

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Antonio Gramsci aveva un fratello minore, Mario, fondatore della sede del PNF di Varese, mai arreso, internato in Egitto come prigioniero di guerra, dopo l’8 settembre 1943 in Australia internato come prigioniero non collaboratore. Morì nel ’45, ucciso dalla insopportabile schiavitù degli australiani.

La storia Mario, il fratello pressoché coetaneo di Antonio, è meno conosciuta. Se Antonio era un uomo di puro intelletto, oltreché comunista, Mario era uomo d’azione, e fascista della prima ora. La figura di Mario Gramsci è stata bellamente obliata dalla storiografia dei vinti.  gramsciana 

Gli ammiratori di Gramsci non ne hanno fatto parola nemmeno nelle biografie del grande politologo sardo.

Addirittura, nei pochi accenni alla figura di Mario, la storiografia si è sempre limitata a ridimensionare platealmente la Mario Gramsci, il fascista. Soltanto negli ultimi decenni, infatti, è emersa la verità sulla controversa figura di Mario Gramsci, soprattutto all’estero, dove il pensiero gramsciano è studiato approfonditamente.

Ecco infatti che John Cammett,

bibliografo di studi filosofici e politici gramsciani, ventidue anni fa, in un articoletto dell’ “International Gramsci Society Newsletter”, titolava: Antonio’s other brother, riferito a Mario.

Cammett aveva definito “tragico” il senso della vita del fratello poco più giovane di Antonio (soli due anni) e parla di lui come un “volontario entusiasta” di tutte le guerre cui prese parte. Mario nacque a Sorgono nel 1893. Adolescente di carattere espansivo, amichevole, ma anche irrequieto e chiassoso, si palesava come agli antipodi del minuto Antonio che, come dalle cronache, era pacato e solitario.

Eppure l’amore fraterno ha sempre albergato fra i due, al di là di ogni divisione ideologica.

I due Gramsci trascorsero anni di gioventù spensierata insieme, e si riporta che il loro più grande divertimento fosse quello di cimentarsi in esternazioni poetiche improvvisate, che avevano come obbiettivo, anche saritico, i personaggi del loro paese.

In Mario, forte idealista, germogliò inizialmente l’idea di darsi al sacerdozio e studiò in seminario, ma, ad un certo punto, dismise l’abito tonacale e si riferì in questo modo propri familiari:

Voglio sposarmi, io l’idea di farmi prete non ce l’ho. Piuttosto mandateci Nino (Antonio, nda) in seminario. Lui alle ragazze non ci pensa e il prete può farlo.

Nel dicembre 1911 si arruolò dunque nel Regio Esercito e prese parte alla Grande Guerra. Anche nel dopoguerra continuò la sua carriera militare, fino a giungere ad ottenere i gradi di sottotenente.

Per ragioni logistiche viveva ormai a Varese.

Ivi sposò Anna Maffei Parravicini, giovane nobile lombarda. In un’intervista del 1975, Anna parla così del cognato Antonio

Mario voleva farmi conoscere suo fratello, per il quale ha sempre avuto un grande affetto e, nonostante le divergenze, una grande ammirazione. Nino era molto impegnato nella sua attività di organizzatore politico, poi nel 1921 trovò il tempo di venire a Varese… ci rimase una ventina di giorni.

Fascista della prima ora e primo segretario del fascio di Varese, rimase ferito gravemente in uno scontro con i ‘sovversivi’Partecipò anche alla marcia su Roma. Ma, pur nel contrasto politico, i rapporti tra i due furono sempre ottimiMario scrisse al fratello in carcere lettere affettuosissime sino a quasi tutto il 1927.

Il rapporto si guastò

probabilmente quando la moglie di Mario inviò una lettera a Ghilarza ai familiari di Antonio, nella quale lamentava che la detenzione del cognato ostacolava la brillante carriera politica del marito.

La cosa non appare tanto campata per aria visto che la nomina di Mario a federale fascista della provincia di Varese, data per certa in tanti scritti biografici su Gramsci e persino nell’intervista di Paolo Pili, non risulta nell’annuario dei federali fascisti.

Volendo chiarire la questione, Mario andò a trovare Antonio in carcere nel novembre del 1927.

In quell’occasione si ruppe il rapporto fra i due per motivazioni mai chiarite, anche perché sono andate perdute, o sono state fatte sparire, certe lettere che avrebbero potuto spiegare il fatto. Mario a un certo punto lasciò la carriera militare per dedicarsi al commercio dei generi coloniali. Partì poi volontario in Africa orientale e, all’età di 47 anni, partecipò, sempre come volontario, al Secondo conflitto mondiale. Combatté  in Libia, nel 4° Reggimento “Libico”, col grado di capitano.

Fatto prigioniero dagli australiani nel dicembre 1940,

fu internato prima in Egitto e poi in Australia. Dopo l’8 settembre 1943 divenne prigioniero non collaboratore. Rientrò a Varese molto provato dalla prigionia, nel settembre 1945. Due mesi dopo, a novembre, morì a soli 52 anni.. provato dalla prigionia australiana, così tremenda, come descritta efficacemente da Pansa nel suo libro Prigionieri del silenzio.

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