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Alfano a rischio: governo in bilico

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Quando la poltrona che traballa è quella del ministro dell’Interno, nonché Vicepresidente del Consiglio dei ministri, nonché Segretario del secondo partito di Governo, l’Esecutivo è come un attempato signore sovrappeso che si cimenti con un asse di equilibrio dopo aver bevuto qualche bicchiere di bianchino di troppo. Che premessa pomposa, chiedo venia: eppure rende l’idea.

La corazzata Potëmkin di Repubblica ha intenzione di sfruttare fino in fondo il cosiddetto Alfanogate per far cadere il leader del centrodestra al governo, e fare così un rimpasto più allineato a sinistra, nella speranza illusoria di far salire al soglio della premiership il delfino sfigato Matteo Renzi.

Assistiamo (ieri e oggi) ad una difesa plateale e concertata a tavolino a casa di B. dello stato maggiore pidiellino e dei partiti allineati (Fdi, e parte del Pd) nei confronti di Alfano sul caso della moglie del dissidente Kazako. Aleggia un’aura di terrore nello stato maggiore (poltronificio) dei berluscones: il timore delle urne e di prendere una batosta greve. Una batosta che non dia più a Berlusconi il ruolo di deus ex machina dell’ennesimo governo di questa repubblica delle banane.Proprio alla vigilia del verdetto della Cassazione il 30 luglio, data che i pidiellini vedono come la crocefissione nel mese della loro via crucis. Un brutto periodo, questo, per far scattare la bomba contro il rampante delfino siciliano di Silvio.

Si mormora che Silvio, in villeggiatura da Putin abbia detto a tutti i suoi di difendere Alfano senza alcuna opposizione. Compatti come una falange macedone. Cicchitto rovescia la patata bollente su Repubblica. Anche Maroni, per difendere il suo indifendibile Calderoli, dice che le critiche al suo collega padano sono tutte per sviare l’attenzione dal caso kazako. Una minchiata, naturalmente, quest’ultima.

Questa compattezza assoluta, Brunetta compreso, in seno al Pdl, e il silenzio di Lega e Fratelli d’Italia insospettisce e non poco. Viene da pensare che Berlusconi abbia operato uno dei suoi famosi diktat dall’estero. La cosiddetta falla l’ha aperta il direttore di Repubblica Ezio Mauro, con la richiesta delle dimissioni del ministro dell?Interno. E non è un caso che tutti, ma proprio tutti da Santanchè a Brunetta a Schifani, si siano scagliati contro il quotidiano di largo Fochetti. Per carità: si tratta di un organo di partito bello e buono, e il fine politico di cui sopra (l’ascensione del sindaco di Firenze) è lampante, ma il caso non si può solo per questo sgonfiare completamente. Si tratta forse di un cavallo opportunamente cavalcato dalla sinistra antagonista a B. Un cavallo vincente, lo ammettiamo sportivamente.

“Chiedere le dimissioni di Alfano significa voler far cadere il governo. E comunque anche se a livello parlamentare Alfano si salva, resterà sempre con un?ombra. È chiaro che Repubblica ci farà una campagna micidiale e che è iniziato il conto alla rovescia per il governo”. Una voce in seno al Pdl che resta però anonima.

La linea del “poteva non sapere” di fronte all?opinione pubblica non può reggere ancora molto. Già oggi, invero, la maggioranza degli editorialisti online ed i commentatori radio e tv pensano che Alfano sapesse eccome, e che la moglie del dissidente del governo kazako (del cui paese il premier è amico di B.) sia stata spedita nella sua patria a rischiare la libertà a causa di un capriccio del leader di Forza Italia, che vuole giustamente favorire il suo amico.

Le cose sono due: o Alfano è complice, oppure un ministro che non è al corrente di un?operazione di tale portata occupa il ministero come un soprammobile. Alfano è senz’altro fregato.

Sel e Grillo sono già a lavoro su una mozione parlamentare di sfiducia. Angelino vive con giusto terrore una “campagna” già nata per sensibilizzare l?opinione pubblica. Egli spera nella complicità del Pd, che finora c’è in effetti indegnamente stata, ma che potrebbe ipocritamente cessare quando il peso dell’opinione pubblica (presto) dovesse farsi un fardello insopportabile.Metro del nervosismo e della paura del titolare dell?Interno, rileva l’Huffington Post di Lucia Annunziata, è la sua scelta di asserragliarsi dentro il Viminale, evitando telecamere, microfoni e domande. Ha persino disertato, Alfano, una presentazione del libro della collega parlamentare pidiellina Dorina Bianchi. Il confronto coi giornalisti è stato accuratamente evitato. Il caso Calderoli-Kyenge tiene banco, e come non potrebbe, ma non affossa l’Alfanogate. Pd e Pdl, che oggi si sono intascati 91 milioni di rimborsi illegali, proprio non capiscono che se si dovesse andare alle urne il M5S potrebbe addirittura vincere le elezioni?

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Di Redazione Elzeviro.eu

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