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I giuristi di sinistra puniscono la ricerca storica

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TORINO – Nell’indifferenza più totale continuano a verificarsi efferate lesioni della libertà d’opinione dell’individuo, principio cardine di democrazia, in quanto solo con tale libertà il singolo può esprimere la propria scelta politica.

Ma quando tutto questo non viene rispettato? Quand’anche la libera ricerca storica di eventi che può portare a rivisitazione di fatti storici già archiviati, anch’essa viene punita perché consegna risultati non consoni ai canoni della democrazia? Allora in che sistema ci troviamo? Sarebbe corretto chiamarlo demototalitarismo, ovvero una democrazia che ammette tutto, tranne la critica a se stessa.

Assurdo, perché la democrazia, come qualsiasi sistema, per rinnovarsi ha bisogno di critica, discussione e confronto; ed è forse la mancanza di tutto questo che ci ha portato nel pantano attuale.

Esempio di questo potere totalitario è il processo che si terrà nei confronti di Liliana Peirano, autrice de “Il male assoluto“, che con un’accurata ricerca storica descrive nel libro una lunghissima serie di crimini efferati di cui si è macchiata la Brigata Garibaldi in Val Varaita tra il ’43 e il ’46. Eppure anche di fronte all’evidenza della storia c’è chi avvolge la propria dialettica di assurdi ragionamenti logico-giuristici, come il professor Carlo Federico Grosso e il giurista Massimo Ottolenghi.

I due, ancora troppo “nostalgici” del Bella Ciao e del pugno chiuso, sostengono a chiare parole che la verità storica che porta al vilipendio di un valore assoluto come la Resistenza va non solo silenziata, ma anche punita (come il processo intentato lo dimostra).  Conosciamo fin troppo bene le elegie al Pci di Grosso, il quale fu anche vicesindaco torinese comunista. Nel dibattito si inserisce anche il rettore dell’Università di Torino Gianmaria Ajani, sostenendo anch’egli che la storiografia andrebbe in questi casi messa da parte, segno che l’Università continua a essere monopolizzata a seconda del gradimento ideologico.

Da notare come i giuristi tentino goffamente di giustificare e minimizzare gli eccidi efferati perpetrati da alcuni partigiani non solo a guerra in corso, ma anche a conflitto terminato, con la scusa che la situazione e l’ambiente li richiedesse. Peccato però che siano esistiti, per fortuna, numerosissimi partigiani che si sono limitati nell’azione di guerriglia, senza dover macchiarsi di crimini immondi per vincere una guerra già vinta (da altri, alcuni aggiungerebbero). Come mai per questi partigiani bianchi la situazione e l’ambiente non hanno richiesto il “sacrificio” di un omicidio (in)giusto?

E’ vero che la storia la scrivono i vincitori, ma ora la manipolano e la distruggono anche. E in tribunale e non su un piano dialettico paritario sfidano anche chi prova a riportare alla luce altre verità. Se questa è la nostra democrazia, non si può che provare un profondo ribrezzo.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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