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Hollande contro la lingua francese: gli intellettuali in rivolta

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Certo vista dalla prospettiva della nostra penisola ci sembra assistere ad un tenzone sette-ottocentesco a dir tanto, tra il nobile ormai decaduto ed il borghese scaltro e ricchissimo.

Tuttavia non possiamo minimizzare la diatriba sorta tra gli intellettuali francesi ed il Presidente Hollande riguardo all’introduzione di corsi in inglese nelle università e nelle Grandes Ecoles. L’Italia, ahi noi, è transitata attraverso un processo di evoluzione storica ben diverso da quello dei cugini d’oltralpe; processo che ha corrotto le basi già fragili di una lingua italiana, ormai vittima inerme di qualsiasi invasione fonetica.

Spagnoli, austriaci, francesi ed infine americani  hanno invaso non solo fisicamente l’italico stivale, ma lo hanno anche colonizzato sotto il profilo linguistico, introducendo fonemi che si allontanano dalla lingua originale. A tutto ciò si è dovuto aggiungere quel fenomeno chiamato globalizzazione, sempre spietato ed implacabile verso tutto ciò che c’è di particolare, nel nome di quella mondializzazione dei valori, ormai considerata come dogma assoluto.

In Francia invece tutto questo non è avvenuto, nella nuova Gallia non esistono regioni in cui viene coltivato e tutelato il bilinguismo, qualsiasi parola straniera universalizzata viene immediatamente francesizzata (il barbaro computer è diventato un elegante ordinateur), ed infine, come abbiamo già detto, non vengono nemmeno tenuti corsi d’inglese all’università.

Ora l’intenzione di Hollande non è stata accolta con entusiasmo all’interno delle università, che definiscono la proposta di legge “una pulsione autodistruttrice” ed un “progetto suicida“; agli occhi dei profani sembra una reazione un po’ esagerata, tuttavia non è solo il valore della lingua in sé che si vuole difendere, ma le conseguenze che una sua perdita potrebbe comportare.

Chi si trova ad operare in lavori di traduzione, come all’università accade, è consapevole della quantità di informazioni perse, sbagliate, mal scritte o mal riportate che tali lavori possono recare; problema che invece non emergerebbe con una lingua che rimane intatta da contatti esterni (l’episodio della Torre di Babele dovrebbe insegnarci qualcosa).

Oltre a questa ragione puramente tecnica, se ne affianca un’altra di natura politica: la Francia ha la necessità di mantenere la coesione di 62.000.000 di abitanti sommati alle persone appartenenti alla comunità francofona nel mondo. La lingua prima ancora della religione è l’elemento fondante dell’unità di un popolo, ed oggi rappresenta un contrappeso necessario alla cecità di una globalizzazione che, non controllata (come spesso accade in Italia), comporta non l’integrazione con altre culture, bensì la disgregazione di tutte.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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