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L’appagato

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Ci sono volte che la sera unica amante ci viene in soccorso. Il sole accecante rende lattiginosa e torbida la coscienza, mentre il Vespero sorge sui pensieri donandoci l’acume. Si vedono allora con chiarezza le Cose: si capisce perché l’appagamento fa male alle membra, ai sensi, alla pelle. Si capisce perché la tenerezza può cullare per un po’, ma poi sorga il naturale desiderio di cambiamento, di corsa, di evasione. Appagàti, sorridenti e stanchi, gli impiegati ritornano a casa dopo avere fatto il loro lavoro. Una cena frugale con i complimenti alla moglie, e via nel letto ad esercitare il dovere coniugale per qualche minuto glorioso e deprimente. Poi Chi l’ha visto alla Tv, a guardare i casi di persone scomparse e cullarsi nel trash con la scusa che sia utile a trovare persone scomparse. Le persone che scompaiono: che affascinante avventura si può vivere, scomparendo. Qualcuno diceva che dandosi una sentenza di carcere a vita si può scoprire quali siano i veri amici: parafrasando, proviamo ad eliminare whatsapp e facebook e vediamo chi ci cerca, chi ci considera, chi davvero vuole fare una camminata in montagna in nostra compagnia, chi vuole bere una doppio malto o uno scotch beelando stronzate e lamentandosi dell’incertezza che serba il futuro. A contattare noi “galeotti” non sarà certo l’appagato, col sorriso tirato, impiegato di banca. Per quest’ultimo individuo tutto diventa ad un certo punto volere essere diverso, cosa impossibile quando si sia inquadrati in una logica ordinaria: si ha paura dei tossici e del fatto che possano fare del male ai piccoli. Non sono nemmeno più persone. Si iper-proteggono i cuccioli viziati e si danno loro attenzioni a dismisura, spesso aggirando senza eleganza i precisi limiti dell’educazione. Si perde il punto di vista focale dell’esistenza riversando sui detersivi casalinghi la stessa vitalità. Con l’appagamento famigliare la domanda vitale sull’esistenza e lo scopo della presenza sulla terra, che dovrebbe permeare qualsiasi mente lucida ancorché lavoratrice ed impegnata, si tramuta in un ronzio flebilissimo. Come si fa a vivere così con leggerezza? La leggerezza, per l’impiegato di cui sopra, appartiene invece (e non senza una dose di ragione) a chi bighellona, pensando e bevendo in un continuo cercare di raggiungere un pensiero da quel turbinio di rombi nel cervello. Per costoro il ronzio addirittura cessa, in corrispondenza di eventi di grande importanza come il campionato di calcio: un’accozzaglia di giovani miliardari che corrono in mutande dietro ad una palla. Zzzzzz, -GOOL!- -Grande Cassano!-
Cassano, un ragazzo del Sud Italia che al Sud non fa onore per la spocchia e la dilagante ignoranza che si porta dietro. Qualcuno diceva che il talento può essere soggiogato dal duro lavoro. In Italia non funziona così, e non funziona nemmeno molto l’emersione stessa in base al talento, salvo, forse ed ogni tanto, nello sport. Il calcio è un àmbito in cui non mi trovo a mio agio: non ne so abbastanza per imbastire una conversazione sensata, figuriamoci a scriverne…
L’appagamento è rischioso: può fare molto male al cuore, perché se questo si sente leggero e felice, può ricevere dei colpi talmente forti da spezzarsi. L’appagamento è rischioso anche per l’eterno nemico del cuore: il cervello; l’appagamento non permette di progredire in miglioramenti ed ambizioni. Essere appagati non è roba per persone che pensino troppo. Che gran fighi che sono questi. Coloro che non pensano, che tirano dritto fregandosene completamente delle idee e dei giudizi altrui: sono coloro che spesso vivono meglio, riuscendo a “mangiare anche le fragole”: la vita è più facile. Stanno perfettamente in equilibrio, senza impazzire mai. Qualcuno diceva che sono però ben tristi quelli che non impazziscono mai. Invero questi appagati sono ben contenti, ma sono tristi ai nostri occhi di ubriachi, noi che vediamo in loro l’insolenza della leggerezza. Nei confronti loro non si può che nutrire un po’ di meschina invidia per la (supposta) felicità ed altresì un po’ d’invidia per il menefreghismo di questi che apparentemente fanno quello che vogliono. Gli appagati sono egoisti figli di puttana che non si pongono dubbi esistenziali. Un appagato può bere un po’ di alcol, senza eccedere, per il gusto e per la compagnia, ma non certo per sopire il dubbio esistenziale che si fa così gravoso all’imbrunire. Per loro si tratta solo di un flebile ronzio.

freddie 

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Di Redazione Elzeviro.eu

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