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SPECIALE EURO2012: Quando finale non significa grande squadra

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Come spesso accade, il giudizio ultimo a proposito di una manovra politica, un? iniziativa economica o, come in questo caso, un risultato sportivo, dipende dal termine di paragone che viene utilizzato. Inevitabilmente, una finale nella rassegna continentale appena conclusa, a soli due anni di distanza da quella straziante campagna sudafricana, incubo ancora tatuato nella memoria di tutti i tifosi della nazionale, non può che rappresentare un insperato successo di cui andare immensamente orgogliosi.

Tuttavia, non per il semplice gusto di essere anticonformisti ad ogni piè sospinto, ma per onestà di giudizio, sarebbe più che corretto analizzare la spedizione ucraino-polacca e magari l? intera gestione prandelliana per quello che ha rappresentato realmente, senza farsi traviare dall? ultima delusione “mondiale”.

Il materiale a disposizione dell? ex allenatore della Fiorentina era, con tutta probabilità, il più scadente che il panorama calcistico italiano abbia proposto negli ultimi vent? anni, ma il percorso di avvicinamento verso l? Europeo e le conseguenti scelte relative a convocazioni e preconvocazioni sono stati all? insegna del patetismo  più inverecondo. Nel momento ideale per iniziare il rinnovamento di una nazionale vecchia e logora, affidando le chiavi della squadra ai rampolli emergenti del nostro football, i ritiri di Coverciano sono diventati la sede per dibattiti inerenti ad integrazione, codice etico, ius soli, ius sanguinis e naturalizzazioni varie allo scopo di dare “una casa” a dei poveri calciatori scartati (chissà poi come mai?) dalle loro nazionali di appartenenza. Di calcio si è parlato raramente, di giovani “rischiati” se ne son visti relativamente pochi, ma in compenso abbiamo avuto il piacere di ammirare Amauri, Ledesma e Thiago Motta vestire la nostra maglia; per non parlare poi della presunta italianità di Osvaldo e Schelotto.

Or dunque, giungiamo alla cavalcata quasi trionfale nell? est europeo, terminata ieri sera in quel di Kiev, per mano degli spietati spagnoli guidati dal veterano Vicente Del Bosque. Il girone, in cui abbiamo aperto le danze proprio con le furie rosse, ci ha visto opposti nella corsa alla seconda piazza utile per il passaggio del turno ad un? Irlanda, nella quale solo i tifosi si sono guadagnati la sufficienza e ad una Croazia abbordabile, diventata pericolosa esclusivamente grazie alla nostra tattica suicida ed eccessivamente rinunciataria.

Una volta raggiunto il traguardo minimo indispensabile la sorte ci ha regalato l? Inghilterra, squadra che ,a dispetto del nome e della tradizione, è giunta a questo europeo in una situazione non dissimile dalla nostra e con una panchina di scorta cambiata all? ultima curva prima dell? inizio di Euro 2012. Un cammino senza nessuno scoglio insormontabile insomma, fino all? unica prova da vera grande squadra contro la Germania.

E? bastata una sola partita a riportarci con i piedi per terra, mostrandoci cosa sia davvero una nazionale di vertice e quanta distanza ci sia da percorrere; la finale contro la Spagna è stata una carneficina generale, senza possibilità di appello e, come se non bastasse, condita dalle ennesime scelte a dir poco bizzarre. Su tutte la decisione di giocarsi l? ultimo cambio, a mezz? ora dalla fine (sotto di due reti nel punteggio), con un centrocampista di manovra, ma con un passo da moviola, rappresenta un enigma calcistico destinato a rimanere insoluto nei secoli dei secoli.

L? infortunio patito da Motta a pochi minuti dall? ingresso in campo è chiaramente imputabile alla scarsa assistenza della Dea Fortuna, ma di fronte ad un simile atteggiamento tattico e ad una squadra avversaria che, nonostante il risultato positivo, continua ad inserire punte, potrebbe assumere le sembianze di una giusta punizione inflitta dalle divinità del pallone.

 

F.B.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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