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Cross di Boninsegna, Rivera…gol! Italia-Germania 4-3

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 CARO VECCHIO CALCIO DEGLI ANNI SETTANTA…MA CON QUELLO GIOCATO OGGI C’E’ UN ABISSO

Ogni tanto per pura curiosità mi guardo sui Rai Sport la cronaca di vecchie partite di calcio giocate a cavallo degli anni settanta-ottanta o vecchie puntate delle trasmissioni televisive di allora. Con il senno di poi, mi rendo conto che quelli che allora da ragazzino guardavo come eventi a volte quasi drammatici se non addirittura epici, rivisti con gli occhi smaliziati di oggi mostrano tutta la loro vetustà e la loro enorme distanza con quanto avviene ai nostri giorni.

Mi ha colpito in particolare una puntata della Domenica Sportiva del 1983 condotta allora dal leggendario Alfredo Pigna, con l’intervento e commento in studio del giornalista sportivo Gualtiero Zanetti.

Innanzitutto i commenti dei filmati delle partite, più che cronaca di una partita di calcio sembrano cronache di un funerale o, quando va bene, di un’estrema unzione. Mentre le azioni si susseguono ad una velocità dimezzata rispetto a quella a cui siamo abituati oggi, si sentono le voci dei cronisti, grigie, monocordi, senza slanci emotivi e senza la giusta coloritura, voci che sembrano provenire dall’oltre tomba più che da un commentatore sportivo. Di emozione, quella con la E maiuscola, neanche a parlarne. In studio, nonostante l’enorme professionalità di un Pigna, approdato dalla cronaca televisiva dello sci, sembra di assistere ad un originale televisivo degli anni settanta, con lunghi silenzi e un’atmosfera più adatta ad una predica funebre che ad un commento sportivo. Il compianto e pur bravissimo Gualtiero Zanetti, a cui il buon Pigna chiede un commento al campionato, sembra che reciti alcuni passi tratti dalle tragedie di Shakespeare, nonostante parli con estrema precisione e competenza del confronto tra le squadre del nord e quelle del sud.

In studio poi si vedono un paio di rappresentanti del pubblico con facce meste e dimesse, che, si capisce, sembrano essere stati messi lì senza alcuno altro scopo se non quello di una mera fisicità immobile, statica senza il minimo soffio se non di vita, almeno di vitalità. Se la trasmissione andava in onda dopo le dieci e mezza, non dubito che l’unico esito non poteva che essere una profonda e micidiale botta di sonno. E, ripeto, questo non per colpa dei bravissimi Pigna e Zanetti, che in fondo si comportavano e adattavano la loro enorme professionalità alle direttive e ai ritmi che mamma Rai allora gli imponeva, ma evidentemente soprattutto a causa di una regia e una sceneggiatura ancorate a canoni dell’ante guerra.

 Se andiamo poi ad analizzare con mente fredda ed obiettiva, le partite di allora a cominciare da quella, per noi mitica, “combattuta”, è il caso di dirlo, allo stadio Azteca contro la Germania, considerata la partita del secolo, non vorrei essere preso per un eretico se dico che la medesima, rispetto a quelle che si giocano oggi, sembra tuttalpiù un tranquillo confronto tra scapoli e ammogliati. E questo senza nulla togliere, ripeto, al valore umano dei protagonisti e ai loro grandi meriti sportivi in relazione ai tempi in cui si giocava. In effetti, se guardiamo al lato tecnico, i protagonisti di allora diedero tutto quello che avevano ma quello che avevano non può appunto, se non in minima misura, essere paragonato con il livello tecnico di oggi,  dove il controllo di palla si effettua su un pallone che ti arriva a ottanta-cento all’ora mentre a quei tempi era già tanto se ti arrivava ad una velocità dimezzata. Per non parlare dei ritmi della corsa con il pallone, ritmi che oggi non andrebbero bene neppure su un campo  di serie D.

E che dire della preparazione atletica? Allora bastava un cucchiaino di Ovomaltina al mattino, come ti diceva il tedesco Haller in una nota pubblicità del tempo, per avere tutta la forza necessaria. Anche qui non vorrei dire un’eresia ma giocatori del calibro di Gerd Muller, Sandro Mazzola, Gianni Rivera, lo stesso mitico Gigi Riva, se giocassero oggi, beninteso, con la preparazione atletica e la tecnica di allora, sarebbero destinati a stare ai margini del campo. La prima grande rivoluzione incominciò ad attuarsi, almeno in Italia, soltanto con il gioco di Bearzot nei mondiali del 78 in Argentina. Allora si continuava a giocare a uomo ma si passò finalmente ad una mentalità di gioco più vincente ed offensiva. Arrivando progressivamente ai nostri giorni dove sembra veramente di assistere ad uno sport completamente diverso, qualcuno potrebbe sostenere che non solo è diverso ma è proprio tutta un’altra cosa.

In campo televisivo a parte i primi timidi risvegli ad opera di cronisti del calibro di Martellini, ricordo il suo “Campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo!“, che allora poteva considerarsi un’autentica fuga verso il futuro, un azzardo nei confronti di una Rai ancora abbottonata, la vera rivoluzione copernicana venne attuata da Biscardi. Il suo processo del Lunedì, fin dalle primissime puntate, rappresentò un autentica e clamorosa innovazione rispetto alle trasmissioni che avevano tenuto banco fino al giorno prima. In una sorta di organizzata commedia delle parti i telespettatori increduli incominciarono ad assistere a baruffe verbali, scambi dialettici agguerriti degni del peggior Bar Sport di periferia, frecciate, siluri e bombardamenti all’insegna della vis polemica portata all’eccesso ma con un gusto tutto particolare per la spettacolarità dell’evento.

 Con il Processo del Lunedì, una ventata di aria fresca o, se preferite, un bel bicchiere finalmente di acqua gasata, ma che dico, gasatissima, invase le case dei telespettatori che, come me, già dalle ultime ore del pomeriggio si pregustavano i siparietti di un Franco Melli o del compianto Maurizio Mosca, vero e proprio “guitto” della televisione, uno che non solo bucava lo schermo ma lo triturava, sbattendosene di limiti, convenzioni, e di tutto quello che aveva inamidato la Rai fino a quel momento. Il tutto sotto l’attenta regia del nostro Biscardone nazionale sempre attento a fare il direttore di orchestra di questa banda di autentici scalmanati, scalmanati che però ci hanno riempito le serate per anni e che adesso un po’ rimpiangiamo. Ora, invece del timidissimo triplice “urletto” di Martellini, abbiamo il nostro Fabio Caressa che, al raddoppio di Del Piero contro i padroni di casa ai mondiali di Germania, poco ci è mancato che venisse portato via con la camicia di forza. E che dire dell’urlo beluino dello zio Bergomi, fino a quel momento austera presenza quasi in linea con la tradizione perbenista della vecchia Rai, che all’improvviso da di matto urlando con quanto più fiato ha in gola…”andiamo a Berlino!!!” Cose mai viste… e se pure lo zio si comporta così, allora siamo proprio approdati nel futuro.

di Roberto Crudelini

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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