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Il trionfo del Bayern e dell’ (ex) eterno perdente

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Il terrore è durato soltanto una decina di minuti. Il terrore che si realizzasse la tanto temuta partita dominata dai tatticismi, tipica delle finali tra connazionali. Una decina di minuti per studiarsi, scrollarsi di dosso una tensione inimmaginabile e poi via, tutti all’ arrembaggio. Sì perchè Borussia e Bayern, come è lecito aspettarsi da due perfetti prodotti della cultura teutonica, non sono disposti a compromessi; vogliono trionfare, ma senza stravolgere la loro identità. Il Borussia con quel calcio champagne che ha inebriato l’ Europa e il Bayern con il suo strapotere fisico e tecnico che ha reso impotente persino il Barcellona.

Le squadre cominciano a sciogliersi, anche se le condizioni psicologiche totalmente agli antipodi condizionano notevolmente il corso della prima frazione. I gialloneri di Klopp si sentono liberi, giocano con quella spavalderia e quella spensieratezza offensiva tipica di chi è cosciente di non avere nulla da perdere, mentre i bavaresi sono ancora piuttosto rigidi; impossibile dimenticarsi le due finali perse negli ultimi tre anni, perdipiù con gli spettri della tragedia sportiva di un anno fa ancora vivi nelle menti della maggior parte dei giocatori. La consapevolezza di essere di fronte ad un’ ultima chance, prima di un possibile stravolgimento da parte della gestione Guardiola, è inevitabile e non può non condizionare i biancorossi.

Tuttavia, eccezion fatta per uno squillo dello spento Lewandowski, è il Bayern ad avere le occasioni più nitide e pericolose. Prima con i colpi di testa di Mandzukic e Martinez e successivamente con due erroracci di Robben davanti a Weidenfeller, che sembrano prospettare il sequel della storia d’ amore mai sbocciata tra l’ olandese e le finali. Il numero 10 di Heynkess fagocita due occasioni terribili ed i titoli dei giornali sulla storia dell’ eterno perdente ( mai decisivo nelle occasioni che contano) sembrano già pronti.

Dopo una prima frazione conclusasi con un nulla di fatto, il secondo tempo porta finalmente i primi stravolgimenti. Allo scoccare dell’ ora di gioco comincia il riscatto personale del grande protagonista della serata: il fantasma di Ribery produce la prima delle sue due uniche grandi giocate (entrambe decisive) imbeccando Robben, il quale dalla linea di fondo scavalca un non irreprensibile Weidenfeller e mette Mandzukic davanti alla linea di porta per l’ irrisorio tap in che vale l‘ 1-0. Troppo poco però per costringere il Borussia ad alzare bandiera bianca. Con la complicità di Dante infatti, che si immedesima per un attimo in Chuck Norris e stende Reus in area di rigore, gli uomini di Klopp hanno immediatamente la possibilità di agguantare il pareggio: dal dischetto si presenta Gundogan che, con freddezza, spiazza Neuer.

La maledizione dei supplementari e degli eventuali rigore sembra incombere nuovamente sui bavaresi ad un anno esatto di distanza, ma proprio quando le gambe dovrebbero cominciare a tremare arriva la soluzione che non ti aspetti. Ribery, per la seconda volta nell’ arco del match, si ricorda di essere un fenomeno e con un tacco delizioso serve Robben per la sua rivincita personale con la storia e con il mondo. Uno dei più grandi perdenti del calcio abbandona questa malinconica e terrificante etichetta con uno splendido controllo, seguito dal tocco morbido con cui scavalca il portiere avversario e manda in delirio la Baviera ad un minuto dalla fine.

Dopo altri 180 secondi termina il recupero, arriva il triplice fischio di Rizzoli e il Bayern diventa campione d’ Europa per la quinta volta. Grazie soprattutto all’ ex eterno sconfitto.

Klement

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Di Redazione Elzeviro.eu

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