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Battisti, Tav e Foodora: come passato e futuro oscurano l’attenzione verso il presente

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L’aspetto paradossale del fine settimana appena trascorso, dominato dai dibattiti sulla Tav e sull’arresto di Cesare Battisti, è duplice.

Da una parte, si riscontrano molti giovani che gioiscono per la cattura di un uomo, vedendo nella sua estradizione il risarcimento per un passato che non hanno vissuto e probabilmente nemmeno conoscono fino in fondo; dall’altra, assistiamo ad una pletora di anziani (o diversamente giovani, per assecondare il vocabolario policamente corretto vigente) che si stracciano le vesti per un futuro che non vedranno.

In tutto questo, i temi più attuali, ovvero quelli del lavoro, delle mancate tutele sindacali e della contrattazione al ribasso, restano costantemente sullo sfondo. La sentenza del caso Foodora, la quale avrebbe dovuto far gioire i lavoratori di ogni età in maniera trasversale, ha goduto di un’attenzione del tutto secondaria sia tra i media, sia all’interno dell’opinione pubblica, dimostrando come gli italiani abbiano una visione totalmente distorta delle loro priorità e del loro tanto rivendicato bisogno di giustizia.

Viviamo in uno strano paese in cui si ignorano gli aspetti più sensibili dei giorni nostri (e che potrebbero plasmare il nostro futuro), si seguono con pathos e logiche da ultras vicende catacombali o dibattiti su un millantato progresso, ma si invocano restrizioni liberticide se allo stadio risuona un coro sul Vesuvio. Forse, sarebbe il caso di indirizzare i differenti approcci della natura umana nei luoghi più consoni: per esempio, tollerare -o ignorare- la trivialità in curva, riportando un’oncia di lucidità nell’analisi delle vicende di cronaca, politica ed attualità. Chissà che non possa rivelarsi il primo passo per riscoprire le primarie necessità del nostro presente e, forse, tutelare adeguatamente il nostro avvenire.

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Di Filippo Klement

Classe 1990, ha studiato giurisprudenza, a latere un vasto interesse per la storia contemporanea e la politica.

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