Alle 21 circa dell’ 8 gennaio 2014, arriva via internet il job act di Renzi, ossia il suo piano di lavoro per i prossimi otto mesi. Ipso facto, immediatamente, la UE lo approva senza riserve perché è in linea con le “raccomandazioni” fatte dagli euroburocrati al nostro governo. Sacconi giudica le idee di Renzi generiche e costose.
Brunetta definisce il suo piano una boutade da ” dilettanti allo sbaraglio”. A questo punto, o Renzi è un genio e tutti gli economisti titolati sono scemi, oppure il giovane sindaco di Firenze è l’UNTO dei signori del denaro, che con la complicità dei media (che ce lo propinano in tutte le salse fino alla nausea), ce lo vogliono imporre a tutti i costi perché il giovanotto è colui che più risponde ai loro interessi.
Non si ha piena conoscenza di questo nuovo codice del lavoro che dovrebbe mandare in pensione quello vecchio e cavilloso di ben 2000 pagine, ma almeno ci dicano da quali tasche hanno intenzione di prendere i soldi per dare un assegno di disoccupazione a chi ha perso il lavoro ed a chi proprio non ce l’ha. C’è una crisi sociale spaventosa, ci prendono in giro con una ripresa economica che non esiste, lo spread s’è abbassato in vista delle elezioni europee (che potrebbero fare pollice verso all’euro), l’IMU è stata sostituita dalla TASI (che forse ci costa ancora di più), la disoccupazione complessiva ha raggiunto il 12,7% e quella giovanile il 41,6%, i prezzi aumentano e stipendi e pensioni sono al limite della sopravvivenza.
Tranquilli, a tutto questo porrà rimedio Renzi. Lui è giovane e guarda al futuro, rottamando il passato con uno schioccar di dita. Si sente un dio perché le primarie del PD l’hanno incoronato con circa 3 milioni di consensi, ma qualcuno dovrebbe ricordargli che il suo partito rappresenta solo un terzo degli italiani e che gli aventi diritto al voto sono circa 40 milioni, tra i quali moltissimi non credono affatto alle sue fanfaronate. Se ha frequentato le scuole serali per laurearsi premier in fretta e furia, lo dica. Magari si renderebbe più simpatico e meno gigione.
Michele Crudelini