Home / Altre rubriche / Kirche und Welt / Farhad Bitani: contro Talebani e mujaheddin, per salvare l’Afghanistan

Farhad Bitani: contro Talebani e mujaheddin, per salvare l’Afghanistan

Condividi quest'articolo su -->

Quest?oggi si ospita la storia affascinante e commovente di un giovane che ha molto da insegnare ai ragazzi occidentali; o troppo intontiti da chi provoca crisi di identità (pensiamo alle lobbies omosessuali); o troppo presi da quei falsi bisogni provocati dalle pubblicità. Insomma, giovani che con un io atrofizzato rischiano di non vedere la vera realtà della vita. Non è il caso di Ahmad Farhad Bitani; egli sa bene come sia la realtà delle cose, in particolare nel suo Paese: l?Afghanistan. Mentre lo si conosce, si scorge, nel suo sguardo di 27enne, rabbia e irrequietezza; ma questi sentimenti non sono alimentati dalla vendetta, bensì dal desiderio di giustizia. Vuole aprire gli occhi del suo popolo, preda di Talebani e mujaheddin che fanaticamente usano l’Islam per ottenere il potere politico e religioso. Contro queste ambizioni oppressive, Farhad e il padre si sono sempre battuti, finendo con tutta la famiglia nel mirino dei fondamentalisti. Entrambi impegnati nell’esercito afghano: il primo era capitano; il secondo generale d’armata. Tra l’altro, nel 1999 questi riuscì a fuggire dalla prigione di Kandahar, roccaforte fondamentalista. Ora, Farhad ha scelto l’Italia come casa, dove risiede in qualità di rifugiato politico. E visto che vuole aiutare la sua gente, senza adagiarsi sugli allori, a breve farà uscire un libro in cui dimostra la corruzione nel governo di Karzai, e le ipocrisie di quanti dicono di agire per conto di Dio.

Mr. Bitani, può svelare qualcosa del suo libro? 

«Prima di tutto, ci tengo a dire che sono musulmano; ma ho sempre combattuto ogni forma di fanatismo; Quando ero in Afghanistan, mi capitava di vedere spesso i figli dei capi mujaheddin andare nei luoghi in cui erano detenuti i Kamikaze, per liberarli attraverso la corruzione, e usarli a loro piacimento. Tutto questo ad un certo punto mi ha portato a chiedermi: Dio vuole davvero la morte delle sue creature? Dio no, ma i capi Talebani e mujaheddin sì, giacché interessati ad usare la religione islamica per controllare il popolo. Perciò, il libro è anche un tentativo di dimostrare che i musulmani non sono tutti fanatici; e non tutti vogliono la sottomissione delle altre religioni. Io ne sono la prova».

Perché ha scelto un libro per “rilanciare” un attacco ai Talebani e ai mujaheddin?

«Non è il tempo di fare la guerra con le armi. Il mio Paese piange ancora molti morti. Ora è il tempo di incamminarsi sulla via della pace: e un libro, anche se accende i dibattiti, è ottimo per questa operazione delicata ma fondamentale per costruire un Paese democratico».

Non ha paura di provocare qualche reazione violenta contro di lei?

«Guardi, nel 2011 sono già sfuggito ad un attentato; certo ho paura che si possa ripetere, ma quando penso che con il libro potrei aiutare i giovani afghani a svegliarsi e a vedere la realtà di fatto, tutto il resto, anche la mia stessa vita, passano in secondo piano. Sarebbe un crimine se non rischiassi la vita per raccontare quello che ho visto. Difatti voglio ancora aggiungere, come ho già fatto nell?intervista con Mauro Pianta, su “Vatican Insider”, degli episodi sempre presenti nel mio libro, ma specialmente nel mio cuore, per la loro drammaticità. Ricordo violenze sessuali su un minorenne costretto a vestirsi da donna, durante una festa di capi mujaheddin; purtroppo non potei intervenire. Un?altra scena vede Talebani che dopo infuocati discorsi di morale contro i costumi occidentali, hanno tolto i lunghi abiti tradizionali e sono andati con le loro Ferrari a farsi dei week end di lusso in Arabia Saudita con prostitute di lusso e droga. E non posso dimenticare il loro sfruttamento degli aiuti umanitari, nonché della loro collaborazione con le mafie di tutto il mondo. Tutto a discapito della mia gente»È ancora tornato in Afghanistan?

«Io sono in Italia dal 2004, perché qui ho studiato due anni all?Accademia militare di Modena e subito dopo, tre anni alla scuola di applicazione di Torino. In Afghanistan sono tornato diverse volte ma dopo il 2011 non più. Lì ero perfino entrato a far parte del gruppo politico “Speranza e Cambiamento”, che si batte contro la corruzione nel governo Karzai.

I suoi cari, i suoi amici, cosa le dicono?

«Mi dicono di lasciare perdere; qualcuno mi rinfaccia che se fossi rimasto in Afghanistan come capitano, a coprire qualche traffico illecito, ora sarei miliardario. Non potrei mai, ho una coscienza».

Cosa farà dopo il libro?

«Mi piacerebbe impegnarmi per la mia gente al Parlamento afghano; intanto ho intenzione di preparare il terreno per una fondazione a favore dei disabili e delle donne afghane maltrattate; la finanzierò specialmente coi soldi del libro.

Scritto il 13 agosto 2013, giorno di san Giovanni Berchmans

Condividi quest'articolo su -->

Di Redazione Elzeviro.eu

--> Redazione

Cerca ancora

Gli auguri di Natale dell’Ayatollah Khamenei

ITALIAN VERSION   Nel nome di Dio, il Clemente, il Misericordioso   Porgo gli auguri …