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I social network sono “normali aziende private”? Non esattamente

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La trasversale opera di censura messa in atto dai principali social network nei confronti di Trump, è stata giustificata da una parte dell’opinione pubblica con una motivazione tanto ipocrita quanto giuridicamente scorretta.

Tuttavia, per screditare la validità di questa sentenza assolutoria – dal carattere molto arbitrario e ruffiano – non è necessario scomodare precedenti giudiziari, cavilli codicistici, né tantomeno macchinose elucubrazioni di filosofia del diritto. No, è più che sufficiente ricorrere ad un rapido ed immediato parallelismo con la contemporaneità di casa nostra.

Pertanto, quando banalizzate il dibattito sugli account di Trump, asserendo che “i social sono aziende private come tutte le altre e quindi fanno come gli pare”, ricordatevi con quale mezzo di comunicazione il nostro premier Conte sta annunciando – da 10 mesi a questa parte – i più importanti provvedimenti legislativi (anche se tecnicamente amministrativi) dell’intero dopoguerra.

Il che, non significa naturalmente prendere le difese del Presidente americano per qualche sua uscita o azione in particolare; bensì solo riflettere sulle storture che possono subire i sistemi di potere nel momento in cui si accetta passivamente il controllo dell’economia sulla politica e non il contrario.

 

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Di Filippo Klement

Classe 1990, ha studiato giurisprudenza, a latere un vasto interesse per la storia contemporanea e la politica.

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