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Segre e Balotelli: quando il razzismo è un jolly per silenziare le argomentazioni altrui

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Una senatrice di fede ebraica promuove una Commissione parlamentare per reprimere, oltre ad un sentimento, comportamenti già punibili con altre misure? Un calciatore nero lamenta insulti discriminatori senza alcun riscontro concreto? Il copione è sempre lo stesso: imbracciare lo scudo del razzismo pone le minoranze al riparo da dibattiti e approcci critici.

La scorsa settimana il Senato ha approvato la mozione presentata da Liliana Segre, mostrandosi così favorevole all’istituzione della “Commissione contro l’odio, l’antisemitismo e la discriminazione razziale”. Un epilogo salutato con grandi manifestazioni di giubilo da tutta la comunità liberal-progressista, così come dal sempre ossequioso circo mediatico; il quale caldeggiava ormai da tempo una misura di segno simile e che non ha mai fatto mancare i suoi endorsement al progetto della senatrice a vita.

Dopodiché, la Domenica ci ha regalato il ritorno di fiamma di una vecchia saga calcistica della quale avevamo ormai perso le tracce: Balotelli contro tutti. In realtà non proprio “contro tutti”, visto l’appoggio incondizionato – ancorché non supportato da alcuna prova fattuale – dei summenzionati operatori dell’informazione. Ad ogni modo l’ex attaccante dell’Inter, durante la partita Verona-Brescia, si è contraddistinto per aver bloccato il pallone con le mani, scagliandolo in seguito la sfera contro il pubblico veronese: reo, a suo dire, di aver ripetutamente ululato ad ogni tocco di palla dell’attaccante delle rondinelle.

Il filo conduttore

Questi due eventi, apparentemente così distanti per contesti ambientali e settori di competenza, possiedono in realtà un filo conduttore tutt’altro che sottile. Non stupisce infatti, come il secondo episodio sia stato amplificato e narrato con toni incendiari da esponenti politici, giornali, emittenti ed opinionisti vari, malgrado la già citata penuria di riscontri (sia testimoniali, sia multimediali): quasi vi fosse un rapporto di oscura strumentalità con il primo.

La senatrice a vita Liliana Segre

A dispetto di quanto è stato detto e scritto e dell’autorevolezza conferita al progetto della Segre, la soddisfazione di intellettuali ed opinione pubblica non è stata così traversale al di fuori del circuito mainstream. Ecco che probabilmente agli alfieri di questa imprescindibile conquista, non sarà parso vero di poter attingere dalla sfuriata di un campione olimpico di vittimismo come Super Mario, plasmarla a proprio piacere e confezionare così una fonte di legittimazione inattaccabile. Della serie “ve l’avevo detto che in questo paese c’è un clima intollerabile”.

Fantasmi della fantascienza distopica

Torniamo a monte. La commissione bicamerale che dovrebbe monitorare i fenomeni di odio, intolleranza e discriminazione è già straziante nella sua denominazione. Un’istituzione che si prefigge come obiettivo prioritario quello di reprimere l’odio, non può che evocare gli scenari distopici dei più inquietanti film di fantascienza.

Ad esempio, può ricordare in maniera abbastanza nitida l’atmosfera di Equilibrium: pellicola ambientata in un tetro futuro, in cui un governo totalitario impone ai suoi consociati l’assunzione quotidiana di compresse che inibiscono qualsiasi sentimento. Naturalmente, non può mancare uno speciale organo di polizia (all’interno del quale emerge un giovane Christian Bale) incaricato nel controllo e nella soppressione di quei dissidenti ancora determinati a provare emozioni.

Lo rieducazione emotiva dello Stato

Ecco la prima lacuna concettuale da matita blu segnalata dai detrattori è stata proprio questa: come si fa a reprimere un sentimento? Sì, perché l’odio, piaccia oppure no, giustificato oppure no, non è nient’altro che un sentimento; esattamente come la felicità, l’amore, la pietà, la solidarietà, la rabbia, il rimpianto e la nostalgia. Tutte sfumature che appartengono esclusivamente alla più profonda intimità dell’individuo, laddove alcuno stato si è mai sognato di rivendicare la propria giurisdizione. Il compito delle istituzioni infatti, è sì quello di perseguire il benessere dei cittadini, ma da intendersi come benessere sociale (ovvero dignità) e certamente non emotivo.

Christian Bale in un fotogramma di Equilibrium

Se uno stato non può garantire il diritto alla felicità dopotutto, non si capisce per quale motivo debba comprimere la sfera emotiva individuale, imponendo un dovere di astensione da altre emozioni. Ognuno dovrebbe avere la sacrosanta possibilità di odiare chi gli pare e piace (siano i destinatari dei singoli o un’intera comunità), con il solo limite di non convertire il proprio odio in modo pratico, ledendo gli altrui diritti e le altrui libertà.

Le misure già presenti

Ed è proprio uscendo dalla diatriba filosofica, per approdare alla dimensione più pratica dei rimedi alle suddette derive, che troviamo un’altra obiezione mossa alla Commissione Segre. Già, perché le misure nate per sanzionare quei comportamenti da cui i firmatari della mozione si dicono molto intimoriti, sono tutte perfettamente presenti da decenni nel nostro ordinamento: la legge Scelba, la legge Mancino, il reato di diffamazione, l’ormai depenalizzata ingiuria, la responsabilità penale di direttori e redattori quando i reati vengono commessi a mezzo stampa et similia.

Quello che resta da capire stante questo esaustivo elenco, è per quale incomprensibile ragione ogni anno ci si imbatta in ddl o proposte di inasprimento presentate dai Fiano o dalle Segre di turno. E la risposta a dirla tutta è drammaticamente semplice. Drammaticamente perché, come nel caso di Balotelli, si tratta di paradigmatici casi di discriminazione inversa; casi in cui l’appartenenza ad una specifica confessione religiosa o a una particolare pigmentazione, garantisce una eterogenea solidarietà di sistema, oscurando di conseguenza le eventuali criticità logiche e strutturali.

La teoria della Aloni

Dunque, chi si permetterebbe mai di avanzare obiezioni a Emanuele Fiano o Liliana Segre su temi come l’antisemitismo? Chi si permetterebbe di contraddire il figlio di un sopravvissuto o una sopravvissuta in carne ed ossa su un argomento come la discriminazione? Al netto della solidità delle argomentazioni giuridiche e/o filosofiche addotte, la risposta è: solo un “mostro”. O perlomeno, questa è la reazione che si innesca di default.

La logica, la ragione, il dibattito, il confronto. Tutto soccombe di fronte alla parola Olocausto, che (in modo mistificatorio nei confronti di chi ha dovuto patire le ignobili sofferenze di quella persecuzione) è stata ormai trasformata in un lasciapassare per gli amici ed in una minaccia per i nemici. Una tecnica di respiro internazionale, ammessa esplicitamente anche dall’ex ministro dello stato ebraico Shulamit Aloni

Quando in Europa qualcuno critica Israele, tiriamo sempre fuori l’Olocausto

Esattamente ciò che accadde quando qualche povero ingenuo osò far notare come il titolo di senatore a vita avesse poco a che fare con Liliana Segre: e non perché quest’ultima fosse considerata un’inetta o una sprovveduta naturalmente, ma solo perché quella carica implicherebbe l’aver dato lustro alla patria in qualche modo.

Balotelli e gli ululati misteriosi

Allo stesso modo, Balotelli e tutti i suoi crociati possiedono una sorta di esenzione dagli schemi della ragione. L’ex enfant prodige del calcio italiano si inalbera, bloccando il pallone e scagliandolo contro la tifoseria avversaria? Beh è certamente la reazione legittima di fronte ad un intollerabile rigurgito razzista, che va assolutamente arginato. Diagnosi accettata acriticamente tanto dai media a reti unificate, quanto dai vertici federali, con Gravina che auspica addirittura un ritorno di Super Mario in nazionale come panacea contro la discriminazione. Esatto, una convocazione sulla base del colore e non del merito come emblema dell’antirazzismo: un autentico colpo di genio.

Balotelli a muso duro verso i tifosi veronesi

Anche in quest’ultima fattispecie, poche persone hanno dato importanza alla lunga lista di elementi che indeboliscono la ricostruzione della brigata Balotelli. Tutti elementi facilmente identificabili da chiunque volesse approcciarsi in modo libero e critico alle notizie. Come gli ululati non uditi dalla terna arbitrale, dai telecronisti o dagli ispettori federali durante la partita; oppure l’impossibilità di un effettivo riscontro anche prendendo visione delle repliche senza commento. Ciò che si percepisce infatti, sono solo fischi privi di alcuna esclusiva razziale (men che meno nel caso del giocatore più arrogante e divisivo del calcio italiano) e bonari sfottò di finto supporto (come il “Mario! Mario! Mario!” più volte scandito dalla curva gialloblu). Nient’altro.

Lo scudo contro le obiezioni

Una farsa talmente confusionaria, da essersi conclusa con la chiusura – comminata dal giudice sportivo – di un settore diverso da quello incriminato da Balotelli: quello storicamente frequentato delle famiglie. Tutti elementi  più che solidi se considerati cumulativamente, ma mai utilizzati nelle interminabili arringhe mediatiche di questi giorni. Il motivo? Idem come sopra. “Solo una bestia senza cuore si permetterebbe di contraddire un ragazzo di colore sul tema del razzismo: deve avere ragione a priori”.

Certo, nessuno può affermare con certezza se il caso di Verona sia stato ingigantito ad hoc, magari proprio da coloro i quali bramavano un pretesto utile a dimostrare la assoluta necessità della commissione pane e amore della Segre. Quel che è evidente però, è che non sarà facile fare strada fin quando gli ambasciatori contro la discriminazione utilizzeranno il razzismo come carta “esci gratis dal dibattito”. Oppure, come scudo per scampare alla pressione di quegli stadi che – a differenza dei tuoi colleghi – non sei mai stato in grado di gestire.

 

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Di Filippo Klement

Classe 1990, ha studiato giurisprudenza, a latere un vasto interesse per la storia contemporanea e la politica.

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