Un partito al giorno leva il medico di torno.
Partito democratico
Appannato e in deriva di consensi, con defezioni a destra e a manca, il partito guidato in modo ferreo da Matteo Renzi è sull’orlo di una crisi di nervi. L’ultimo a scaricare l’ex premier è stato, in ordine di tempo, Sergio Marchionne, che non riconosce più nel fiorentino quella verve del tempo del Governo. Le battaglie che più premono questa forza politica sono quelle per il jus soli, in virtù del quale qualche onorevole è riuscito a domandare una posticipazione dello scioglimento delle Camere al Capo dello Stato.
La pochezza di una linea politica che va alla ricerca dei voti negli immigrati non si può che commentare da sola, in una nazione dove chiunque sia nato nel nostro territorio può ottenere la cittadinanza a diciott’anni. Cittadinanza che viene concessa a chi lavori per un certo periodo sul nostro territorio, indipendentemente dal fatto che nel frattempo abbia imparato la lingua o qualche, naturalmente minima, nozione storica o culturale sul Belpaese…
Il Partito personalistico di Renzi non è però un partito-azienda come Forza Italia, e questo lo pone in un maremoto interno non appena qualcuno attenti alla leadership del Giglio magico. Si ricordi che Renzi, così come Boschi (sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nell’ultimo Esecutivo a guida Gentiloni), avevano promesso a tutti i microfoni che si sarebbero ritirati dalla politica in caso di esito negativo del referendum costituzionale, poi effettivamente fallito. La discutibile coerenza nel dimettersi da premier, ma manovrando il non così dissimile Governo successivo a guida Gentiloni, rende piuttosto chiaro come individuo e partito siano inclini a prendere per i fondelli il popolo.
L’operato del partito non si è reso foriero di ripresa economica alcuna. Solo, la crisi è rallentata a livello globale, mentre il prodotto interno lordo italiano non è, come si dice, di nuovo in ripresa. Tale sarebbe se si assestasse su un placido +1/2% su base annua, mentre rimane quasi invariato. Evidentemente le promesse e disattese riforme sono specchio di logorio politico e necessità di cambiamento. Sì, ma verso quale direzione?
Estratto dall’articolo ELEZIONI: E’ ancora possibile “turarsi il naso”?