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Cosa ci insegna la straziante tragedia di Luana

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Luana a soli 22 anni era già una lavoratrice e una giovane madre. È morta ieri, nella fabbrica tessile in cui faceva l’operaia, trascinata e schiacciata viva da un rullo.

di Antonio Di Siena

Stamattina suo figlio di cinque anni si è svegliato orfano, mentre la generazione di sua madre, insieme ad artisti, intellettuali e politici, è troppo occupata a discutere di questioni di genere e accusare di benaltrismo chiunque creda che la priorità di questo Paese sia ancora tutelare il lavoro.

Perché, vedete, qui il problema non è il presunto conflitto fra diritti sociali e civili. Quanto piuttosto il rendersi conto dell’uso strumentale che viene fatto di questi ultimi. Usati come paravento progressista e migliorativo della società nel suo complesso mentre il diritto al lavoro viene smantellato.

Il diritto che sarebbe poi la pietra angolare della nostra Costituzione e cardine dell’emancipazione e dello sviluppo degli individui, viene costantemente sfruttato, vilipeso e reso sempre più precario e insicuro in nome del mercato e della produttività. Nessuna contrapposizione quindi. Solo la sacrosanta necessità di ristabilire un ordine di priorità.

E non mi si venga a dire che “le due lotte vanno insieme”. Inizierò a crederci quando vedrò i partiti e la presunta intellighenzia di “sinistra”, acculturata e benestante, lottare altrettanto compattamente a difesa del lavoro. Mobilitata per promuovere un dibattito pubblico totalizzante, che abbia come unico obiettivo spiegare alle giovani generazioni quali sono le reali cause che ci hanno condotto a questo disastro.

E, soprattutto, quali soluzioni concrete adottare per venire fuori da una condizione drammatica che riguarda il futuro del Paese nella sua interezza. Fino ad allora, scusatemi, non potrò essere dei vostri. Anche a costo di passare, ancora una volta, per rossobruno, conservatore, criptofascista, reazionario o qualunque altra cosa vi venga in mente (continuate tranquillamente voi).

A impormelo è la mia coscienza di uomo, di cittadino e di socialista. Che non vuole arrendersi all’idea che – mentre il capitalismo selvaggio procede impunito nel distruggere tutto – ci si debba far dettare l’agenda politica da chi, con tutta evidenza, non ha mai rischiato di morire schiacciato da un macchinario industriale.

E, cosa ancor più grave, utilizza strumentalmente le legittime rivendicazioni delle minoranze per nascondere il colossale tradimento compiuto in danno di milioni di onesti lavoratori. Le cui vite sono state svendute e sacrificate sull’altare della religione della modernità.

Un culto che, individualmente, consente a tutti di essere chiunque si voglia. Purché non ci si ribelli mai alla propria eterna condizione di schiavi. Questo è. Il resto, per il momento, non mi interessa.
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