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Coronavirus ed allarmismo mediatico

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In questi ultimi giorni tutti i media in Italia non hanno fatto altro che parlare del coronavirus. Siamo realmente di fronte a un’epidemia o si tratta di semplice allarmismo?

di Matilda Pala

Di fronte a una pressione mediatica non poco rilevante, la diffusione del nuovo ceppo della famiglia coronavirus sta portando con sé tanto terrore, quanta disinformazione. Il Ministero della Salute fornisce dettagliate informazioni sull’origine e sulla natura del nuovo virus entrato in circolazione dai primi di gennaio, riportando inoltre la situazione epidemologica attuale: la quale, per dovere di cronaca, registra pochissimi casi in Europa.

In primis si parla di coronavirus come una vasta famiglia di virus (Coronaviridae), noti per causare malattie che spaziano dal comune raffreddore fino a patologie ben più gravi, quali la sindrome respiratoria mediorientale (MERS) e la sindrome respiratoria acuta (SARS). Il nuovo coronavirus, noto come 2019-nCoV, è un nuovo ceppo mai identificato nell’uomo che si pensa provenire dal bungarus multicinctus, serpente altamente velenoso venduto nel mercato alimentare di Wuhan, che – per chi non lo sapesse ancora – è sede iniziale della propagazione del virus in questione.

Il 2019-nCoV è un coronavirus che condivide circa l’80% del patrimonio genetico con quello della SARS, la quale ha attecchito sull’uomo grazie a una mutazione del proprio RNA: l’acido ribonucleico presente all’interno di ogni cellula con la funzione di codificare, decodificare e regolare i geni. Ad oggi in Italia si contano solamente due casi di contagio dal nuovo virus e si tratta di due turisti cinesi, tutt’ora ricoverati allo Spallanzani di Roma in condizioni stabili. Nonostante i pochi casi di contagio tuttavia, l’Italia ha adottato una linea di prevenzione nettamente superiore a quella degli altri paesi proclamando lo stato di emergenza sanitaria.

 

Un’utile cartina che aiuta a capire la reale portata del virus tramite l’indicazione dei due fattori più rilevanti: la diffusione ed il confronto del tasso di mortalità con gli altri ceppi di coronavirus.

 

Ecco che i quotidiani hanno dato libero sfogo all’argomento, dedicando pagine su pagine alla diffusione del virus. Finendo per influenzare ed essere influenzati a loro volta da una incontrollabile opinione pubblica, ormai votata al panico e poco cauta nella valutazione oggettiva del problema. Leggiamo ogni giorno titoli ben poco rasserenanti che, come sostiene Alessandro Campi, non sono altro che ‘simbolo di un sistema dell’informazione infettato’.

Se ci guardiamo intorno vediamo persone con il viso sommerso da sciarpe e mascherine che, come spiegano diversi virologhi, non servono a molto per evitare il contagio; bensì basta la semplice cura dell’igiene delle mani e delle vie respiratorie (quindi avere la decenza di starnutire e tossire in un fazzoletto o con il gomito flesso).

Non serve nemmeno boicottare i ristoranti cinesi in quanto servono cibo acquistato in Italia e i proprietari non hanno visitato la Cina di recente. Anche perché, in caso contrario, non sarebbero potuti rientrare in Italia se non con dovuti controlli sanitari. Dovremmo ricordare che ogni anno in Italia si ammalano dai 3,5 ai 6 milioni di persone di influenzae e che 7-8 mila persone muoiono a causa di complicanze di questa infezione. Nessuno nega la pericolosità del nuovo coronavirus, ma è necessario un tale allarmismo da partedei media italiani?

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