Nonostante il repentino riposizionamento di alcuni media, la vulgata comune presenta ancora curdi e americani quali unici responsabili della resa dell’Isis. Una versione che ignora tanto il ruolo da protagonista recitato dall’esercito siriano, quanto la sopravvivenza in forma liquida del califfato.
di Alessandro Aramu
La narrativa di questi ultimi giorni racconta che l’ISIS in Siria è stato sconfitto dagli Usa e dai curdi e non anche dai soldati di Damasco e dai loro alleati che hanno pagato un duro prezzo in termini di vite umane. Infatti, il cosiddetto califfato combatteva la Siria di Assad e la sua distruzione era l’obiettivo dichiarato di al Baghdadi.
Peraltro l’ISIS, se vogliamo dirla tutta, non è stato sconfitto. Le cellule di questa organizzazione terroristica sono attive e ancora molto pericolose. Hanno assunto la forma che gli esperti definiscono struttura liquida. Nelle ultime ore, ad esempio, alcuni miliziani affiliati all’Isis hanno attaccato le forze curdo-siriane nella zona di confine con la Turchia dove è in corso l’offensiva turca.
Ancora più forte è la presenza nell’area di Deir Ezzor dove i terroristi, di volta in volta, vengono combattuti dalle SDF (forze curdo – arabe) o dall’esercito siriano. Il mese scorso in questa zona è stato catturato Mohammed Ramadan, l’uomo che gestiva la cassa e i finanziamenti dello Stato Islamico nella provincia siriana. Altri miliziani hanno subito la stessa sorte.
Insomma, Daesh esiste, non è stato sconfitto e a combatterlo ci sono sia i curdi, da una parte, che l’esercito siriano, dall’altra, che insieme agli alleati russi, iraniani e libanesi di Hezbollah hanno riconquistato, come dimostra la mappa qui sotto, una vasta porzione di territorio un tempo in mano al sedicente Califfato.