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La Fgci sotto il tallone dell’Uefa

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La sentenza di condanna, perché di questo si è trattato, nei confronti del Presidente della Fgci Carlo Tavecchio da parte degli organi disciplinari dell’Uefa, è stata fatta passare un po’ in silenzio dai media e dai vertici dello sport nazionale, forse timorosi di andare a toccare equilibri istituzionali delicati e sensibili. Quasi a voler esorcizzare velocemente questa gravissima e offensiva decisione da parte dell’Uefa, che ha voluto in questo modo umiliare e intimidire il nostro movimento sportivo, si è passati frettolosamente a parlare di moviola in campo e delle decisioni anche clamorose che verranno probabilmente prese nei prossimi mesi a riguardo.

 

Una cosa questa che ci lascia allibiti: ma come…l’Uefa ci manca di rispetto trattandoci come stupidi scolaretti indisciplinati dandoci la punizione-nota da far firmare ai genitori a casa e noi zitti zitti incassiamo?! E tutto questo per una semplice battuta-inciso all’interno di un discorso che nulla aveva a che vedere con il razzismo o su argomenti analoghi? Ci sarebbe da chiedersi da quale pulpito, ma soprattutto in base a quale auto investitura morale, l’Uefa pretenda di ergersi a giudice inquisitorio del capo del nostro calcio, ovvero dell’Italia intera perché, volenti o nolenti, Carlo Tavecchio ci rappresenta ufficialmente anche all’estero. Uno sgarbo così palese non doveva passare sotto silenzio ma avrebbe dovuto avere un seguito come minimo in termini di doveroso ricorso al Tas giusto per mettere le cose in chiaro fino anche al ritiro immediato delle nostre squadre dai campionati europei.

 

Perché quando si gioca, come si continua a fare nei vertici europei che contano, con la dignità degli Italiani, reagire in modo legittimo è un diritto ma anche…un obbligo morale. Nessuno ha messo in evidenza come l’Uefa si stia arrogando diritti che nessuno, ma proprio nessuno le ha mai attribuito, in primis quello di pontificare nel campo dei valori morali come se fosse un’autorità al pari di Santa Romana Chiesa. Nessuno ci può togliere dalla testa che questo tentativo a 360 gradi di trasformare l’Europa intera in un enorme campo di rieducazione di massa, sia perfettamente strumentale al tentativo di distruggere la nostra civiltà mediante l’imposizione di un non richiesto e forzato modello di civiltà multietnica. Essere contrari a tutto questo non significa essere razzisti, significa soltanto amare i propri valori, quei valori su cui la nostra civiltà si è formata e ha potuto svilupparsi e sui quali noi abbiamo il sacrosanto diritto di identificarci.

 

Come si faceva negli anni settanta quando la sinistra incombente e settaria dava del fascista a chi non omologava il suo cervello alle teorie Marxiane, così nei tempi attuali ti danno del razzista se soltanto osi alzare una timida voce di dissenso contro la pesantissima e preoccupante invasione migratoria e la conseguente islamizzazione strisciante della nostra società. L’Uefa, che evidentemente riceve sostegno per questa sua trasformazione in ente morale, dai vertici dell’Europa, si sta ritagliando un potere che nessuno le aveva mai riconosciuto, un potere che, anche se nell’ambito del sistema calcio, sta diventando sempre più assoluto e per questo inaccettabile. In Italia si discute tanto e ci si indigna dell’elezione di Tavecchio al supremo soglio della Fgci ma nessuno osa fiatare contro lo strapotere e la dittatura politica dei vertici del calcio europeo e mondiale che ci sta portando lentamente ad una sudditanza psicologica dalla quale sarà sempre più difficile liberarcene.

L’Uefa dovrebbe essere soltanto l’unione e l’espressione delle varie Federazioni Nazionali che un giorno decisero di mettersi insieme per creare qualcosa di bello ed edificante in cui credere: il calcio europeo. L’unione europea delle federazioni calcistiche nazionali avrebbe dovuto essere espressione di unione e di fratellanza e non di arrogante potere poliziesco imposto dall’alto con il compito di dare a destra e a sinistra “punizioni esemplari” in stile Torquemada. Questo a nostro giudizio si chiama tentativo strisciante di educazione e controllo delle masse. Un tentativo contro il quale sarebbe ora di ribellarsi una volta per tutte. E quale migliore modo di ribellarsi se non quello legittimo di riappropriarci della nostra dignità e identità nazionali? Altri non ne conosciamo, e lo strumento principe per fare questo è, e resta solo, quello della parola, in certi casi anche urlata se necessario. Solo così daremo a chi tenta di rieducarci il messaggio importante che siamo ancora vivi e…pensanti. 

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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