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Se non son Rossi fioriranno?

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L’Italia dovrà fare a meno del talento di Pepito Rossi, questo è il verdetto di mister Cesare Prandelli. Dopo l’opaca prestazione nell’amichevole di sabato contro l’Irlanda, alla fine, il nostro Ct ha deciso, assumendosene tutte le responsabilità, di cambiare il biglietto aereo a favore di Insigne, lasciando il talento viola a guardarsi le partite dal divano di casa sua. Una decisione, pensiamo, non facile, di quelle che fanno tremare le ginocchia e che potrebbe decidere pure i destini della stessa nazionale. E sì perché, al di là di tutto, Rossi era, escluso Pirlo, la vera punta di diamante della nazionale italiana, l’uomo dal talento purissimo in grado da solo di scardinarti le difese avversarie in ogni momento. Certo l’infortunio che ha subito a febbraio è stato pesante e probabilmente Rossi non era ancora pronto al cento per cento ad affrontare un mondiale che, tra le altre cose, si giocherà in condizioni climatiche quasi proibitive, ma lo diciamo con tutta franchezza: anche se non in perfette condizioni, anche se in stampelle, noi Rossi l’avremmo portato comunque…per la serie non si sa mai.

Sappiamo infatti quanto i fuoriclasse contino oggi nel calcio moderno, non c’è squadra perfettamente organizzata e tatticamente precisa che possa resistere al vento improvviso del genio che ti può risolvere la partita in ogni momento. E’ questo in fondo il segreto del calcio: l’illuminazione di un attimo, il momento in cui la magia si fa largo tra le umane vicende, rimescolando improvvisamente le carte e facendoti uscire l’asso pigliatutto. Contro la classe pura e la tecnica cristallina, non esiste terzino, pur grintoso e roccioso, in grado alla lunga di resistere. L’ultimo si chiamava Gentile e seppe annichilire el senor Maradona rendendo la sua classe marziana improvvisamente umana…ma quello era comunque un altro calcio, un calcio di tempiormai remoti dove si marcava a uomo e dove una pedestre e puntuale applicazione pedalatoria e mentale era in grado di mettere i fiori sui cannoni della corazzata di turno. E poi il nostro Claudio Gentile era solo quell’onesto e fedele interprete della Bibbia bearzottiana che ci fecero credere allora? O non era anche lui, nel suo ruolo, un fuoriclasse paragonabile a un Maradona? Perché noi siamo abituati a dare la patente di dio del calcio solo a giocatori che operano dalla linea di centro campo in su, dimenticando che forse la classe, quella pura, si può esprimere anche nella propria area di rigore. Come dimenticare appunto un Gentile, uno Scirea, un Facchetti, uno Zoff, un Cabrini? Non fu vera gloria la loro al pari dei vari PelèMessi, Maradona, Platini, Ronaldo I e Ronaldo II e via dicendo? Magari non segnavano o segnavano meno ma erano in grado di evitare che gli altri lo facessero il che, nel calcio, non è poi così secondario.
Al di là di dolci rimembranze e aforismi filosofici, ci dovremo ora “accontentare” di un Balotelli, di un Immobile, di un Insigne, di un Cassano e di un Cerci, oltre a sua maestà Pirlo. Saranno questi giocatori in grado di esprimere il loro talento facendoci dimenticare il distacco da mister Pepito Rossi? Qualcuno già parla, vista anche la perdita di Montolivo, di alibi trovato e costruito, da offrire nel caso di una repentina uscita dal Mondiale. Il problema semmai è un altro e riguarda l’intero movimento calcistico nazionale, sempre più lontano a livello di club dalle zone che contano del calcio europeo. Pretendere di cancellare e dimenticare la mediocrità tecnica del nostro campionato non appena indossiamo la maglia azzurra, è cosa ingenua e controproducente. La Nazionale non può che essere l’espressione del nostro calcio, forse addirittura meno nobile perché priva del supporto e del talento dei tanti, tantissimi giocatori stranieri che si guadagnano la pagnotta in casa nostra. Questo in definitiva è ciò che offre il convento e questo dobbiamo tenerci. Se i nostri sapranno in qualche modo farci dimenticare Rossi, lo vedremo, ma di certo, se non siamo più da tempi immemori protagonisti a livello di club, difficile pretendere di esserlo  a maggior ragione a livello di nazionale. Per noi il fiorire delle rose, salvo miracoli sempre possibili, potrebbe significare solo l’arrivo ai quarti di finale del mondiale, quarti pur sempre di nobiltà anche se un bel po’ decaduta.

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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