In alcuni campi il livello delle tecnologie a nostra disposizione sembra essere ancora fermo all?età della pietra ed è causa di grave inquinamento acustico.
Siamo alle soglie del terzo millennio e il progresso scientifico dell?umanità sembra avere raggiunto livelli insperati. Con l?avvento dell?era dei micro chips e con lo sviluppo esponenziale dell?informatica l?uomo sembra essere approdato nel futuro fantascientifico ipotizzato da Isaac Asimov. Se confrontiamo i computer attuali con i “padelloni luminescenti” che solo fino a venticinque anni fa eravamo costretti ad usare e soprattutto se confrontiamo le capacità di memoria attuali con quelle di prima, scopriamo quanto la nostra tecnologia ci stia aprendo orizzonti fino a poco tempo fa inimmaginabili. Ma purtroppo, in questo ottimistico e gioioso scenario non mancano le note dolenti o, se vogliamo, stonate rispetto al nostro ingresso nel mondo della fantascienza. In molti campi lavorativi il livello tecnologico degli utensili da lavoro è ancora incredibilmente paragonabile a quello dei nostri antenati che vivevano nelle palafitte se non addirittura di quelli che stavano nelle caverne.
Basta fare degli esempi concreti per capire quanto il nostro cervello tecnologico abbia continuato ad avere delle inspiegabili zone d?ombra, testimoniando una pigrizia mentale e un?accidia che hanno dell?incredibile. Un primo esempio ci viene dal campo dell?edilizia, sia pubblica che privata: ebbene, in piena era futurista, se vogliamo spaccare un marciapiede o rompere un pavimento, usiamo ancora ilmartello pneumatico, ovvero un utensile assolutamente primitivo e non molto differente dalla pietra usata come martello e dallo scalpello con cui i nostri ingenui antenati si divertivano, a loro volta, a rompere le pietre.
Al di là degli orpelli elettrici e delle ingenuamente trionfali promesse di velocizzazione del lavoro e di perfezionamento dello stesso, il principio su cui si basa il suddetto martello pneumatico è ancora identico a quello di migliaia di anni fa ovvero: spaccare la materia dura con uno scalpello appuntito, né più né meno. Con l?aggravante che, rispetto ai tempi antichi, ora con questo “satanico” arnese siamo in grado (benefici del progresso!) di spaccare i timpani e gli apparati riproduttivi di centinaia di persone che hanno la sfortuna di abitare nei pressi del maledetto cantiere. In modo assolutamente colpevole in questo campo abbiamo tralasciato di sviluppare le enormi possibilità e potenzialità che poteva offrire lachimica molecolare, con l?utilizzo, già esistente, ma solo in fase sperimentale, di sostanze in grado semplicemente di sciogliere silenziosamente la materia più dura mediante un interessante processo di trasformazione chimica. E invece niente, ci ostiniamo ad usare gli arnesi di Fred e Barney anche se siamo ormai da anni entrati nell?era dello Space Shuttle.
Ma andiamo avanti, chi di noi non ha mai imprecato la mattina alle otto, magari del sabato, perché il vicino di casa, preso da un raptus “bricolagistico”, si mette a tagliare la siepe del suo giardino con la sega elettrica, quella per intenderci con la catena, stile?il serial killer del film “Non aprite quella porta”, alzi una mano. Ebbene migliaia di anni di progresso scientifico non sono bastati perché qualche imbecille patentato, perché di tale persona stiamo parlando, si metta a tagliare delle innocue foglioline e degli altrettanto innocui rametti, con una “letale arma da guerra”. Quello stesso imbecille ci potrebbe scioccamente rispondere che questo è il livello che a tutt?oggi ci offre la nostra avanzatissima tecnologia. Se è scandalosamente vero quello che il poco simpatico villico di cui sopra sta cercando di dirci, è altrettanto sacrosanto che per fare quel lavoro, qualche scienziato del passato, più dotato di buon senso e di acume intellettivo, ha inventato un arnese molto più evoluto della suddetta micidiale arma, e cioè le cesoie da giardino, in grado, nel silenzio più assoluto, di fare lo stesso lavoro. Magari il tempo impiegato potrà essere più lungo di quindici minuti ma l?esito sarà sicuramente migliore sia dal punto di vista qualitativo che di quello dei rapporti di buon vicinato, sempre che il villico di cui sopra disponga di una buona manualità e di un altrettanto buon apparato cerebrale per dirigere la suddetta mano.
Ma andiamo avanti, un altro strumento primitivo ma venduto a prezzi carissimi dai grossisti di utensili da bricolage è il decespugliatore, anche questo dotato di un rombo in grado di scassare le orecchie di centinaia di ignari e incolpevoli vicini di casa ma in grado di ripulire i cespugli con lo stesso risultato di un silenzioso taglia erbe meccanico non elettrico né a motore. Taglia erbe di tal fatta si trovano ancora in commercio anche se, per motivi biecamente commerciali, in quanto costa sicuramente meno rispetto ad un taglia erbe a motore, si trova molto più raramente. Anche qui, come nel caso precedente, siamo ancora fermi all?età della pietra, che lo vogliamo ammettere o no, il principio su cui si basa la nostra sciocca tecnica è sempre quello di tagliare l?erba con qualcosa di tagliente, il problema è che per farlo, oggi utilizziamo strumenti che assomigliano ad “armi di distruzione di massa” piuttosto che a innocui utensili da giardinaggio.
Ma non finisce qui, arriviamo alla maggiore presa in giro dell?età moderna, la scoperta scientifica più stupida e più rudimentale della storia dell?umanità, un equivoco che ci fa gridare al trionfo ma che in verità ci fa assomigliare ai nostri confratelli del periodo medievale: mi riferisco alla mortifera invenzione del motore a scoppio. Sembra incredibile ma le nostre automobili, pur avendo avuto negli ultimi anni un miglioramento ed un effettivo progresso dal punto di vista dell?aerodinamica, della carrozzeria, insomma di tutto quanto riguarda l?aspetto esteriore, hanno a tutt?oggi un cuore a dir poco rudimentale e “medievale”. In piena era tecnologica le nostre auto vanno ancora avanti a?cannonate! Non ci deve stupire questa apparentemente stupida affermazione: in verità è molto meno stupida di quanto si possa immaginare e fotografa perfettamente quello che è ancora oggi il principio di trasmissione del movimento alle ruote motrici: una trasmissione che avviene grazie a delle esplosioni all?interno della camera di scoppio dei pistoni. Al sottoscritto questa non appare come un?invenzione geniale, appare nella sua più cruda realtà: una barzelletta! Tutt?al più uno scherzo ben orchestrato e soprattutto ben?sfruttato. Ma pensiamo un attimo ad un?altra invenzione relativa sempre al sistema di trasmissione del movimento, questa sì geniale, e rivoluzionaria: la bicicletta. Invenzione in grado di far muovere qualsiasi veicolo di piccola media grandezza senza il consumo di propellenti, senza il relativo inquinamento, acustico e atmosferico, e con un discreto risultato anche dal punto di vista della velocità finale.
Stiamo parlando della trasmissione del movimento da due pedali tramite una catena che imprime a sua volta il movimento alla ruota motrice, con l?utilizzo anche di cambi in grado di garantire una variazione della velocità in base anche alle caratteristiche della strada stessa. E non ci si venga a dire che d?inverno o con la pioggia questa tecnologia non potrebbe essere sfruttata: sbagliato, come le nuove tecnologie nel campo hanno ampiamente dimostrato, con i pedali si possono guidare anche veicoli chiusi e coperti in grado, grazie a materiali ultra leggeri, di garantire la stessa velocità. Stiamo parlando di trenta, quaranta chilometri all?ora, una velocità in grado di farci spostare adeguatamente non solo nel circuito cittadino ma anche in quello extra urbano. Con questo sistema potremmo anche coprire la distanza che separa Torino da Milano in poco più di tre ore. Per non parlare dei severissimi limiti di velocità stabiliti dal Codice della Strada: insomma andare a trentacinque chilometri all?ora non è poi così drammaticamente diverso dal limite dei cinquanta stabilito in città. In alternativa ai pedali avremmo potuto sviluppare anche la tecnologia relativa al motore elettrico anche qui con prospettive molto interessanti e invece niente o quasi niente, se non qualche ridicola sperimentazione limitata a pochi esemplari. Ma si sa, dietro l?incredibile equivoco del primitivo motore a scoppio ci sono troppi interessi, sia da parte dei produttori di petrolio, sia da parte della case automobilistiche, sia da parte dello stato che sulla benzina ci mangia da par suo.
Analogo ragionamento potrebbe essere fatto nel campo della medicina, dove se da un lato siamo arrivati ad avere complessi ed evolutissimi sistemi diagnostici inimmaginabili fino a solo quarant?anni fa oltre a complessi sistemi di chirurgia computerizzata e teleguidata, dall?altra non siamo a tutt?oggi in grado di sconfiggere il banalissimo virus del raffreddore e continuiamo a morire come mosche a causa del cancro.
Questo insomma è il prezzo, ancora troppo alto, del progresso scientifico e tecnologico, un prezzo che si rivela in tutta la sua drammaticità: se ci facciamo un attento esame di coscienza scopriamo che in fin dei conti non siamo ancora del tutto usciti dalle famose palafitte dei nostri antenati, e forse, se ci guardiamo indietro, scopriremmo magari che qualcuno nel passato ha fatto addirittura meglio di noi, ma si sa, come qualcuno dice alla fine del film “A qualcuno piace caldo”, ? nessuno è perfetto.
di Roberto Crudelini