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La posizione di Matteo Renzi

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Nel giro di qualche settimana ha ottenuto una visibilità inverosimile. Non ha battuto Bersani ma non è stato “sbaragliato”, come ha scritto qualche giornale: ha perso tre a due. E l’establishment del Pd temeva addirittura di essere superato. Può dunque permettersi di assistere a ciglio asciutto alle angosce del capitano. Se a Bersani Presidente del Consiglio capiterà una vicenda come quella dell’Ilva che mette il governo dinanzi alla prospettiva di decine di migliaia di disoccupati e di un contrasto istituzionale con la magistratura, con un’opposizione che urla le sue lacrime senza remore, che Dio l’aiuti.

Matteo Renzi ha inoltre un vantaggio che non ha nessun altro: è nato nel 1975. Non ha nemmeno quarant’anni. Se il prossimo governo cadesse prima della fine della legislatura – come non è difficile che accada se, come da tradizione, la coalizione si rivelasse incoerente e litigiosa – lui partirebbe dalla prima fila, per la prossima gara. Se invece dovesse aspettare il 2018, ci arriverebbe a soli quarantatré anni. Può permettersi di aspettare il   suo turno e possibilmente in un momento meno difficile.

Bersani ha vinto le vacche magre. Bisogna avere fegato per congratularsi con lui. L’ambizione è una passione divorante ma anche chi ha sognato per tutta la vita di battersi per la corona dei pesi massimi, una volta sul ring pugni ne prende molti. E qui l’avversario, il crollo economico, è dato vincente.

Che triste momento. Se almeno potessimo sperare che Bersani ci condurrà fuori da quel tunnel, fuori di quella palude di cui Monti ha tante volte (inutilmente) parlato, ne saremmo felici. Amiamo la nostra patria più di quanto non amiamo vedere il nostro avversario che sbatte il muso. Ma è difficile inforcare gli occhiali rosa dell’ottimismo.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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