Dal profondo dell’anima
Valcarenghi Simona
? 11,50
2012, 74 p., brossura
Gruppo Albatros Il Filo (collana Nuove voci)
Da sempre la poesia, per lo meno un certo tipo sincero e spontaneo, parla, a chi la sa davvero leggere, dei tempi in cui è stata scritta. Non è un caso se nell?Antichità si riteneva che i poeti avessero delle doti di preveggenza. Che sia davvero la capacità di vedere nel Domani, nessuno vi crede, ma che i disagi di un?epoca possano essere avvertiti, perché comuni a tutti, e finire così su carta è più che certo.
Dal profondo dell?anima di Simona Valcarenghi, edito da Gruppo Albatros, è una raccolta di poesie, più che canzoniere organizzato, che permette al lettore di avvertire che vi è qualcosa che non va nel nostro “Primo Mondo”, dove abbonda il benessere, ma manca davvero Benessere.
L?Uomo è disumano e «e la poesia deve saper ridestare l?umano», come indica l?autrice nell?introduzione. C?è la percezione che gli Uomini non provino più sentimenti e l?importante diventa che la poesia «vada a produrre in noi sentimenti, precisi o confusi non importa, purché li produca». Quel che conta non è tanto l?acutezza del sentimento, ma in una situazione di Crisi dell?Umano diventa il solo provare qualcosa.
Il disagio si ripercuote anche nell?avvertimento del mondo e della vita. A questo proposito le Poesie del dolore sono quelle che dipingono in controluce un?epoca di dorata decadenza, dove quel che conta è una bellezza della forma e non del contenuto. La vita è «desolato sentiero» e la «terra è ruvida» percorsa da un «uomo sordo» incapace di provare compassione. Forse una speranza c?è, un anelito ad essa: una sottile irrequietezza che bagna le guance dell?autrice e rende «inquieti» i monti.
In una simile condizione si arriva ad avvertire, e ciò è come una «condanna», la «Vanità del tutto». Da notare il termine “vanità” con la maiuscola, come per dare ad essa un peso maggiore, renderla quasi materica. Se tutto è vano, l?esistenza non può che risultare «fittizia», «trista» e «senza una meta, senza uno scopo», appunto una condanna.
Abbondano i versi brevi, alla maniera ungarettiana. C?è la sensazione che per l?autrice conti la singola parola e lo spazio attorno, si veda La condanna, piuttosto che la frase ben articolata. Non troviamo forme metriche né rime ricercate per scelta dell?autrice per cui il sentimento, il grido di dolore, dev?essere spontaneo e non ingabbiato. Lo scritto risulta tenue e leggero, sembra di sentirlo nella propria mente come recitato da un?esile voce, un filo appena.
Dal profondo dell?anima è un libro che nasce da una grave vicenda, come si potrà leggere sul retro, ma ci si sforzi di pensare che tale vicenda non sia il punto di partenza del disagio, ma il punto di arrivo; che sia come il freddo che ha portato al raffreddore. In questo modo si potrà avvertire il disagio che aleggia tra i versi, sia nelle parti più “dolorose”, sia in quelle dove c?è speranza, incarnata sotto forma divina o di Amore, che viene sempre ricercata, ma mai raggiunta.
Luca V. Calcagno