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Le pericolose aperture di Mons. Nosiglia alle coppie di fatto.

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Il primo marzo, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario del Tribunale Ecclesiastico, l’Arcivescovo della Diocesi di Torino Mons. Cesare Nosiglia, ad un certo punto del suo discorso inaugurale, ha fatto una clamorosa apertura nei confronti delle coppie di fatto. In pratica, secondo il Metropolita di Torino, la Comunità Cristiana e quindi la Chiesa stessa devono accogliere e farsi carico anche delle coppie che convivono al di fuori del vincolo del Matrimonio. Mons Nosiglia ha accentuato il concetto arrivando addirittura alla necessità di accompagnare i conviventi sia nelle proprie scelte che nella quotidianità, esprimendo così la sua preoccupazione che tali coppie rimangano di fatto  isolate rispetto alla stessa comunità dei fedeli. Spesso, ha proseguito l’Arcivescovo di Torino, la scelta di formare una coppia e quindi una famiglia al di fuori del Sacramento del Matrimonio, non è dettata da motivazioni prettamente religiose ma da altre circostanze di varia natura. L’appello di Mons. Nosiglia è quindi votato al dialogo e all’amicizia nei confronti di queste persone che quindi non dovrebbero continuare a rimanere fuori dal contesto comunitario.

Ora tali affermazioni, al di là delle pur buone intenzioni del capo della Diocesi di Torino, ci sembrano un tantino pericolose soprattutto perché, soprattutto in un momento come questo dove il concetto di Famiglia tradizionale è messo in discussione e in un certo senso vilipeso da rappresentazioni anche caricaturistiche della stessa, possono essere fraintese e, in ultima analisi, strumentalizzate da chi a quella stessa famiglia guarda come fumo negli occhi. Se è vero che la Chiesa, come tale è aperta a tutti, Cristiani e no, è altrettanto vero che su questioni che fanno parte integrante del contenuto  non “contrattabile” della dottrina cattolica, la stessa Chiesa dovrebbe comunque mantenere una certa fermezza se non altro in termini di certezza di valori. Perché allora bisognerebbe domandarsi onestamente se quegli stessi valori siano poi così assoluti o invece  soltanto relativi e quindi passibili di cambiamento e alterazione.

Va anche ricordato che ci sembra ininfluente preoccuparsi di accogliere nella Comunità Cristiana coloro che per libera scelta hanno deciso di rimanerne fuori proprio perché non si riconoscono in quegli stessi principi. Anche chi poi subisce ed è in un certo senso vittima della volontà del futuro coniuge di rimanere fuori dalla Chiesa, dovrebbe piuttosto  domandarsi se i valori della fede abbiano per lui o per lei un’importanza sufficiente e tale da allontanare e quindi rinunciare a quella stessa persona oppure no: ricordiamo come Cristo sia nemico dei compromessi e delle decisioni di comodo.

Detto questo, non si vuole in questa sede avvallare il concetto che la Chiesa debba voltare le spalle a coloro che sbagliano, così come sbagliano tutti i mortali, compresi gli stessi Cristiani, ma piuttosto sottolineare il fatto che la Chiesa dovrebbe, anche per fare chiarezza nei confronti degli stessi fedeli, chiarire una volta per tutte come stanno le cose distinguendo ciò che è corretto da ciò che è sbagliato. Se è vero che ai Cristiani è stato insegnato da sempre che solo nel Sacramento del Matrimonio, ci possono essere le basi per fondare una famiglia cristiana, che solo il Matrimonio celebrato in Chiesa permette a quella stessa copia di entrare nella comunità cristiana e soprattutto di essere santificata dalla benedizione di Dio, allora francamente quanto detto e sostenuto da Mons Nosiglia ci sembra in un certo senso paradossale. Se la Chiesa deve essere aperta e abbracciare anche le coppie di fatto al pari di quelle sposate con rito religioso, così come sostiene il massimo esponente della Diocesi di Torino, allora la scelta di sposarsi in Chiesa diventa a questo punto un semplice “optional“, come quando andiamo a comprare un’auto e decidiamo o meno di acquistare anche il navigatore o la voce che ci indica quando stiamo per sbattere contro un ostacolo o cose del genere.

Peccato che fino ad oggi agli stessi Cristiani sia stato, anche con forza e decisione,  insegnato  l’esatto opposto, in una visione in cui i valori del messaggio evangelico sono assoluti e non relativizzabili come sembra di intuire dalle assai travisabili parole dell’Arcivescovo di Torino. Qui si rischia sempre di fare un’enorme confusione tra il concetto di vicinanza e apertura nei confronti di tutti i peccatori e quello invece di giustificazione e accondiscendenza nei confronti del peccato in quanto tale. E, con tutto il rispetto e la stima per Mons Nosiglia, ci sembra che il discorso che lui ha fatto a riguardo abbia tutte le caratteristiche per ingenerare dubbi e insicurezze proprio su questi due aspetti. Dire che la Chiesa deve farsi vicina a tutti e soprattutto ai peccatori e a coloro che sbagliano è non solo corretto ma doveroso, dire invece che quello stesso sbaglio, debolezza, differente scelta è in certa qual misura tollerabile, ammissibile, accettabile e addirittura assimilabile al percorso alternativo cristiano, non ci sembra, a nostro giudizio, corretto, specialmente se a dirlo è uno dei più autorevoli esponenti della Chiesa stessa. Anche perché la decisione di percorrere strade diverse da quelle tracciate dal Cristo e dalla sua dottrina, è frutto di una libera scelta, di quel libero arbitrio di cui lo stesso Buon Dio  ci ha fatto dono, perché potessimo, con le nostre forze e la nostra volontà, optare per il bene o per il male. Se la Chiesa stessa, nei suoi più alti esponenti, ora ci dice tutto il contrario, allora c’è da chiedersi se il Cristianesimo sia veramente un messaggio di carattere assoluto o invece relativo o relativizzabile a seconda dei gusti della società e delle ideologie politiche esistenti nella società e nella Chiesa stessa.

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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