Senmut non era un faraone ma forse era influente quanto un faraone. Vissuto nel quindicesimo secolo avanti Cristo, questo alto dignitario egizio fu il consigliere intimo della regina Hatshepsut e probabilmente anche suo amante.
Oltre ad aver ricoperto la carica di primo funzionario, secondo quanto sembrano sostenere le fonti storiche a nostra disposizione egli fu anche sacerdote e architetto di corte. Da quanto sappiamo infatti sarebbe stato lui a costruire su ordine della regina il tempio a terrazze di Deir el-Bahri.
La strana tomba di Senmut
Egli fu evidentemente un uomo non solo potente ma anche ricco tanto che poté permettersi il lusso di costruirsi due tombe di cui una vicino al tempio di cui sopra. Ed è proprio questa tomba, scoperta quasi casualmente nel 1927 dall’archeologo Winlock, ad aver presto attirato l’attenzione degli studiosi di mezzo mondo. Il primo dato abbastanza strano è che la stessa venne posizionata e costruita in modo da non essere proprio ben visibile, quasi la si volesse in qualche modo nascondere agli occhi del mondo. Altro aspetto curioso è che il soffitto interno è ricoperto da un’affascinante raffigurazione dell’universo allora conosciuto, compreso un bellissimo e preciso calendario lunare.
Nella zona del soffitto contrassegnata dagli archeologi con la sigla A 27 sono raffigurate le tre stelle della cintura di Orione con una quarta stella posizionata di fronte alle stesse. Ebbene queste non fanno altro che riprodurre esattamente in scala la posizione delle piramidi e della sfinge nella piana di Giza. Sappiamo, infatti, da una intuizione degli studiosi Robert Bauval e Graham Hancock, che le tre piramidi sarebbero posizionate esattamente come le tre stelle di cui sopra, mentre la sfinge sarebbe nell’esatta posizione proprio della stella disegnata di fronte e staccata dalla cintura di Orione.
Il messaggio in codice lasciato da Senmut
Ma il dato più interessante e alla fine forse anche sconcertante è che attorno alla stella di mezzo, quella che è nota agli astronomi con il nome di Epsilon Orionis, e che corrisponderebbe alla piramide di Chefren sono state disegnate attorno tre orbite ellittiche. Queste orbite ellittiche sembrerebbero essere la rappresentazione di altrettante orbite di pianeti attorno a quella stella. Ma non solo, sappiamo, come confermato dal ricercatore e presentatore televisivo Roberto Giacobbo, che nel 1995 dall’osservatorio Rice University negli Stati Uniti è stata rilevata un’emissione di raggi x proveniente proprio dalla cintura di Orione, emissione di raggi x che farebbe presupporre la presenza di una o più stelle simili al Sole.
Sempre in base a quanto sostiene Giacobbo c’è un altro dato molto interessante che affonda le sue radici nella notte dei tempi e precisamente all’epoca della civiltà mesopotamica. Ebbene secondo un’antica lingua appartenente a quelle remote popolazioni il segno dell’ellisse avrebbe il significato di acqua. Ora secondo gli studi condotti una decina di anni fa presso un osservatorio a raggi infrarossi dell’Agenzia Spaziale Europea si è scoperto che l’acqua è pressoché presente sotto forma di vapore negli spazi interstellari e l’acqua sappiamo è il primo elemento necessario perché la vita possa lentamente svilupparsi. E sapete dove si è trovata la maggiore concentrazione di acqua? Proprio sulla misteriosa stella Epsilon Orionis.
Figli delle stelle?
Che cosa quindi volesse farci capire e comunicare il nostro Senmut con queste criptiche indicazioni non lo sappiamo con sicurezza ma in qualche modo potremmo provare ad intuirlo: in quella zona remota dello spazio potrebbe essere nata la vita, una forma di vita che, in questo caso, non ci sarebbe poi così tanto indifferente ma sarebbe da mettere in relazione con la nascita della civiltà egizia e in generale della nostra civiltà che da quella deriva. Le tre piramidi di Giza ne sarebbero i silenziosi e misteriosi testimoni, un ponte tra noi e lo spazio, ma soprattutto tra noi e una inimmaginabile quanto imprevista casa di origine. Se un giorno tutto questo dovesse risultare vero bisognerebbe riscrivere tutta la nostra storia…ma proprio tutta.
di Roberto Crudelini