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Referendum Costituzionale: le ragioni dell’astensione

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18 giorni, il countdown verso il Referendum del prossimo 4 dicembre è iniziato.

Gli italiani sono spaccati in due, secondo gli ultimi sondaggi dell’Istituto Demopolis i punti percentuali di vantaggio del NO sul SI sarebbero quattro. I toni dello scontro sono forti, duri e incandescenti. Sono scesi in campo per darsi battaglia anche figure di spicco della giurisprudenza italiana. Gustavo Zagrebelsky, Massimo Villone e Alessandro Pace stanno dalla parte dei NO, d’altra parte sono stati 184 tra giuristi e docenti universitari a stilare un manifesto che spiega le ragioni del SI.

Tra giuristi, luminari e baroni però nessuno pare essersi accorto di un fatto fondamentale, che dovrebbe mettere in discussione la ragione stessa del voto.

La nostra Costituzione è carta straccia ormai da qualche anno e la riforma proposta dal Governo Renzi non contempla una sua rivalutazione. La Costituzione dovrebbe essere infatti espressione di legislazione sovrana, che dovrebbe garantire elezioni democratiche e a cadenza regolare, potere legislativo nell’esclusiva mano del Parlamento eletto e il controllo autonomo delle risorse finanziarie dello Stato.

Sono questi tre i principi cardine di una democrazia moderna, e questi tre principi erano garantiti dalla Costituzione del 1948, che a prescindere dall’esito del Referendum del 4 dicembre è già defunta. Il funerale della Costituzione italiana del 1948 è iniziato il 13 dicembre 2007 con la ratifica del Trattato di Lisbona (la Carta Costituzionale europea), che per inciso era stata respinta con Referendum in Francia nel maggio 2005, così come fu rigettata da un altro Referendum in Olanda nel giugno dello stesso anno. Tale Costituzione ha sancito la supremazia delle leggi elaborate ed emanate in seno all’Unione europea sulle leggi espresse dai parlamenti nazionali.

Un primo colpo di svalutazione della nostra Carta Costituzionale. I vari Zagrebelsky e i 184 giuristi che oggi si scannano su quisquilie, perché non hanno difeso la Costituzione allora?

Ma non finisce qui.

Secondo quanto sancito nel Trattato di Lisbona l’iter della legge di bilancio italiana deve passare obbligatoriamente al vaglio di Bruxelles, in particolare ne viene valutata l’idoneità dalla Commissione europea, organo non eletto dai cittadini europei. Sempre nel Trattato di Lisbona, composto da 274 pagine incomprensibili ai profani, all’articolo 8c si fa espresso riferimento al fatto che i parlamenti nazionali dovranno fare prima gli interessi dell’Unione europea nel proprio Paese e poi quelli nazionali.

Un principio che butta nel cestino l’articolo 98 della nostra Costituzione: “I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione“. Non abbiamo memoria di levate di scudi, cortei o più modeste raccolte firme in merito da parte dei vari Zagrebelsky, Pace e i 184 giuristi. Purtroppo l’elenco del Costituzionicidio non è finito. Il Governo Monti il 20 aprile del 2012 inserì in Costituzione il Fiscal Compact, cancellando e riscrivendo l’articolo 81 della Costituzione italiana. Mentre prima della modifica, il testo costituzionale così recitava: “Le camere approvano ogni anno i bilanci ed il rendiconto consuntivo presentati dal governo“, ora così si legge “Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico“.

Ciò significa pareggio di bilancio in Costituzione. Lo Stato deve spendere 100 per i propri cittadini e tassarli a 100. Nelle tasche dei cittadini rimane 0. Nelle università rimane 0. Negli ospedali rimane 0. La spesa pubblica non esiste più.

Vi è poi da citare la Convenzione europea che all’articolo 10 così sancisce il principio di preferenza della legislazione europea sulle costituzioni nazionali: “La Costituzione e il diritto adottato dalle dalle istituzioni dell’Unione nell’esercizio delle competenze a questa attribuite hanno prevalenza sul diritto degli Stati membri“.

Il giornalista Paolo Barnard ci viene in aiuto rivelandoci che ad oggi sono 20.650 le leggi provenienti dall’Ue che vincolano il nostro Parlamento e la nostra Costituzione, 4.112 gli accordi comunitari cui devono sottostare cittadini e e aziende italiane, 10.337 verdetti della Corte europea di Giustizia vincolanti per il nostro paese, 44.838 standard comunitari da rispettare. Il conto è salatissimo, sono più di 80.000 tra leggi e regolamenti su cui, come dice bene Barnard, il voto dell’elettore italiano non conta nulla.

Ora a fronte di una sovranità legislativa ed economica distrutta, quale sarà l’impatto di un senato ridotto di 200 unità, di un iter legislativo leggermente modificato (ma comunque subordinato ai trattati comunitari di cui sopra), di un microscopico aumento delle prerogative di un Governo comunque sottomesso alla Commissione europea e dell’abolizione del Consiglio nazionale per l’economia e il lavoro? Nullo.

L’economia non decollerà, la disoccupazione non scenderà, la sanità e l’istruzione non miglioreranno. Tutto questo i vari Zagrebelsky, Pace e i 184 luminari del SI lo sanno bene. Tuttavia preferiscono portare avanti battaglie personali piuttosto che stare davvero dalla parte dei cittadini.

Il 4 dicembre fateli andare a votare da soli, meglio farsi una sciata.  

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Di Redazione Elzeviro.eu

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