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Il governo Letta elimina il reato di clandestinità: primo passo del “tutti dentro”?

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La giornata che ha visto come inspiegabile notizia principale le dimissioni di Gianni Cuperlo, personaggio più che secondario della politica, è stata scandita da una delle poche azioni intraprese dal governo in carica durante il suo mandato.

Nei mesi precedenti scanditi dalla più completa inazione, se non l’unica volontà di ritoccare un’imposizione fiscale già spaventosa, il governo guidato da Enrico Letta non ha saputo per nulla distinguersi in quanto a virtù ed efficienza.

Anzi se proprio vogliamo dirla tutta i governi eletti legittimamente dal popolo italiano (quindi si escludano Monti e Letta) sono stati nel bene e nel male ben più attivi di quest’ultimo sulla scena politica. Oggi però tale torpore pare essere stato messo da parte in nome di una inattesa blitzkrieg che ha visto all’azione il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri, il quale ha presentato in Senato un emendamento al ddl sulla depenalizzazione del reato di immigrazione clandestina (così da convertirlo in semplice reato amministrativo).

La riforma è passata con ben 182 voti favorevoli e solo 16 contrari, sintomo del chiaro indirizzo verso cui si sta dirigendo la nostra politica. L’On. Ferri ha rassicurato però che non c’è nessun passo indietro e la clandestinità rimane comunque un illecito, come se la differenza tra reato penale ed illecito fosse una semplice gabola burocratica. Checché ne dica l’On. Ferri questa approvazione non rappresenta nient’altro che il primo mattoncino verso una strategia politica volta all’abolizione “in formula piena” anche dell’illecito di clandestinità, seguendo le omelie lanciate dal ministro Kyenge.

La favoleggiante visione del mondo di certuni che vedono altre nazioni quali Germania, Inghilterra e Olanda come esempi di cosmopolitismo, mentre la nostra penisola sarebbe l’ultima roccaforte di un razzismo in via d’estinzione, è completamente distorta. Gli immigrati tedeschi integrati, così come quelli inglesi e quelli olandesi non sono di certo i disperati che approdano a Lampedusa sui barconi, bensì si tratta di persone che hanno potuto permettersi un viaggio e un primo alloggio nelle nazioni europee (dunque presumibilmente di classe agiata), oppure trattasi in alcuni casi degli stessi “disperati” sbarcati prima in Italia ma solo in seguito ad anni di apprendimento e integrazione nella cultura europea trasferitisi in altro loco.

Resta ancora da comprendere quale sia l’origine dell’improvvisa celerità del governo Letta riguardo a questa materia, quando abbiamo da poco scoperto che la potenziale disoccupazione giovanile tange il 40%, e su questo nessuna blitzkrieg è stata intrapresa.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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