Home / Affari di Palazzo / Politica interna / L’Italia è un paese ingovernabile? Se le cose stanno in questi termini allora forse Berlusconi aveva ragione.

L’Italia è un paese ingovernabile? Se le cose stanno in questi termini allora forse Berlusconi aveva ragione.

Condividi quest'articolo su -->

In una delle sue ultime esternazioni televisive, prima di essere “defenestrato” dal Parlamento, Berlusconi disse che nelle sue precedenti esperienze governative non gli avevano permesso di governare come aveva voluto. A suo giudizio la figura del Presidente del Consiglio, così com’è istituzionalmente concepita, in verità non è messa nelle condizioni di poter agire e quindi non ha il potere di cui avrebbe bisogno, essendo tra l’altro un semplice “primus inter pares”.

In parole povere l’Italia, a meno di clamorose riforme istituzionali, non sarebbe…un paese per vecchi…riparafrasando il titolo di un famoso film di un paio di anni fa, e con l’espressione “vecchi” ovviamente ci riferiamo al significato di “saggi” governatori che cercano inutilmente di dare una rotta politica al paese. Qualcuno ha pensato che quella frase dell’ex premier sia stata una comoda via di uscita per giustificare il proprio presunto fallimento politico e invece a nostro giudizio ci sarebbero tutti i presupposti perché tale affermazione, in apparenza azzardata, sia condivisibile. L’Italia, oltre alla sfortuna di non possedere grandi risorse e materie prime, ha l’indubbia caratteristica di essere un paese dalle forti pressioni “centripete”: in parole povere all’interesse e alla visione centralista si sovrappone una nutrita e frastagliata rappresentanza di interessi particolari con quella decisamente in contrasto.

Il nostro paese ha ereditato dal sistema comunale, oltre alla giusta aspirazione all’autonomia e alla libertà, anche gli aspetti decisamente più retrivi di quello stesso sistema quali l’estrema parcellizzazione e segmentazione degli interessi in gioco e  la dispersione delle energie nazionali in miriadi di micro progetti spesso in collusione tra di loro oltre che con la sfera dello stato inteso come insieme dei cittadini. Manca nel nostro paese una visione unitaria di valori, e questo lo si sapeva, ma quello che è più grave, le scelte di chi governa vengono puntualmente annichilite, contrastate e combattute da una perversa tendenza al particolarismo, non al particolarismo sano di carattere amministrativo, ma a quello malato che si impegna a fondo solo sugli interessi di casta perdendo di vista quelli generali. In parole povere in Italia prevalgono le logiche delle caste, delle lobbies, dei gruppi di pressione più o meno potenti, più o meno politicamente condizionanti, uniti tutti da un fattore comune determinante: quello di usare in maniera micidiale quel minimo di potere che riescono ad agguantare per scopi puramente egoistici.

Dal dopo guerra in avanti  nessun governo è mai riuscito a durare poco più che “l’espace d’un matin” con il risultato di rendere la situazione politica italiana sempre più fragile, provvisoria e instabile. Nessuno statista, pur dotato da madre natura di quelle caratteristiche adatte a governare in democrazia, quali il dialogo, la capacità di mediare e la capacità di programmare l’azione politica nel medio lungo periodo, è mai riuscito nell’impresa di attuare fino in fondo  quello che era nei suoi progetti. Tutti hanno fallito finendo soltanto per dare un colpo al cerchio e un colpo alla botte come si suol dire, ossia per gestire il quotidiano facendo semplicemente finta di governare. Il che, tradotto in poche parole,  significa semplicemente non essersi mai addentrati in quelle profonde riforme legislative e sociali di cui aveva e avrebbe bisogno il nostro paese con l’unica logica di non scontentare mai nessuno. E questo con il palese scopo di continuare a prendere a 360 gradi  quei voti così splendidamente e maniacalmente necessari per continuare a campare.

A farla da padroni fin dall’unificazione d’Italia, più che le forze che si sono alternate al governo, sono state, prima in modo appena accennato e poi in modo sempre più sfacciato, le miriadi di lobbies che sono progressivamente sorte disseminandosi nel tessuto sociale del paese, lobbies che hanno sempre avuto nel loro codice genetico solo e soltanto l’aspirazione a raggiungere inesorabilmente i loro scopi e interessi particolari, scopi e interessi che hanno finito per condizionare l’azione di tutti coloro che si sono alternati alla guida del paese. Con il termine lobbies mi riferisco tanto alle caste e ai “poteri forti” della finanza quanto, scendendo in giù in questa diabolica piramide alternativa allo Stato, il nutrito stuolo di associazioni, società, categorie, unioni, di cui è attualmente disseminato il nostro assai frastagliato e disperso universo degli interessi “particolaristici”. Ovviamente se questo è successo è perché la legge italiana, sempre inadeguata e sempre a maglie larghissime, lo ha permesso, grazie proprio alla mancanza di una reale volontà politica di mettere dei precisi paletti per non scontentare nessuna delle lobbies di cui sopra.

Ogni associazione non appena sorge, per non essere da meno delle altre, non tarda prima ad ottenere e poi a servirsi di una più o meno grande fetta di potere che poi sfrutterà e userà adeguatamente nei confronti del governo di turno, sempre con il pugnale dalla parte del manico rappresentato dalla micidiale “diade” del potere di voto e di quello economico, in grado di mandare a casa qualsiasi governo.

Ovviamente in questo desolante panorama non mancano le associazioni sorte per scopi umanitari e non egoistici ma queste, guarda caso, non sono mai riuscite ad avere un minimo di potere degno di questo nome e sarebbe a questo punto superfluo chiedersi perché. E’ evidente a tutti che in questo contesto fatto di “mortiferi” interessi particolari si perde di vista l’interesse collettivo che finisce per accomodarsi sempre all’orizzonte nell’ambito di patetici e ipotetici programmi futuri, programmi che restano appunto futuri e non passeranno mai alla fase effettuale. Chi comanda in Italia non è il Consiglio dei Ministri né tanto meno il Presidente del suddetto Consiglio, ma le migliaia di poteri forti o comunque “ben messi” del nostro alquanto insabbiato paese.

Allora verrebbe da dire che solo e soltanto un uomo forte, dotato di pieni poteri potrebbe riuscire nel miracolo di “mettere tutti d’accordo” con le buone o con le cattive, che solo un cambio drastico a livello di cornice istituzionale potrebbe forse garantire quella stabilità e soprattutto quella effettività di governo che manca da sempre nel nostro paese. Forse sì ma se andiamo indietro nel tempo di una novantina di anni, scopriremo che neanche Mussolini con tanto di pieni poteri al seguito riuscì nell’impresa. Leggendo i libri di storia, almeno quelli non avvelenati dalla postuma faziosità dei cosiddetti vincitori, qualsiasi studente di scuola media apprenderebbe che Mussolini era riuscito nella miracolosa impresa di mettere a tappeto niente meno che la Mafia in Sicilia. Vi riuscì mandando in loco il Prefetto Cesare Primo Mori, che sarebbe stato ricordato con lo pseudonimo di “Prefetto di ferro“.

Questo integerrimo servitore dello Stato aveva capito che per risolvere i problemi del paese, e la Mafia era uno dei problemi per antonomasia, bisognava usare ogni mezzo, più o meno democratico, più o meno simpatico, più o meno condivisibile. E così fece fregandosene di condizionamenti politici, elettorali e tanto meno umani, cosa che a quei tempi era sicuramente più facile fare rispetto ad ora. Nel giro di pochi anni Mori mise semplicemente a ferro e fuoco l’isola usando tutti i mezzi possibili che Mussolini aveva messo a sua disposizione, ovvero piena e totale “carta bianca”.

Ebbene, quando il buon Mori stava per dare l’estremo e definitivo colpo di grazia a quello che era e che è continuato ad essere considerato come uno “stato dentro lo stato”, venne improvvisamente stoppato dal Duce che, richiamandolo a Roma, lo mise fuori dai giochi non prima di avergli riconosciuto una lauta pensione per i grandi servigi forniti alla patria. Non pochi storici si sono arrovellati sul perché di una simile e incredibile decisione senza riuscire, al di là di più o meno fantasiose ipotesi, a stabilire la verità. Chi scrive non ha ovviamente la famosa “sfera di cristallo” ma, pur non avendo le prove, un’idea sulle motivazioni di quel repentino richiamo ce l’avrebbe. Mussolini quando diede l’incipit a quell’operazione in grande stile pensava effettivamente di poterla portare a termine fino alle sue estreme conseguenze, se no non avrebbe profuso così tante energie mettendoci pure la faccia.

Il problema fu che ad un certo punto Mori, risalendo sempre più su nella piramide di interessi collusi con la Mafia, andò a toccare precise “aree” molto alte che, diciamo, non gradirono di essere neppure sfiorate. “Aree” che si rivelarono insuperabili pure per lo stesso Mussolini che, ob torto collo, dovette abbassare la testa e rinunciare a dare l’auspicato e definitivo colpo di grazia. Diciamo che qualcuno lo aveva benignamente lasciato fare fino a quando non aveva incominciato ad intaccare il “nocciolo duro”: a quel punto a Mussolini venne dato lo stop e lui, nonostante che fosse il Capo indiscusso dello Stato, dovette inchinarsi a chi aveva semplicemente… maggiore potere di lui. Se il Duce non avesse accettato di…mollare la presa, dubitiamo che la sua esperienza governativa sarebbe potuta andare avanti ancora per molto.

Se pensiamo quindi che neppure chi pensava di avere i pieni poteri riuscì nei suoi piani politici, come stupirci che non ci riescano i deboli governi di una democrazia parlamentare come la nostra. Forse il problema a questo punto potrebbe essere diventato insolubile e quindi dovremmo pure rassegnarci ad avere premier sempre più provvisori e purtroppo sempre meno “efficaci” nella loro azione di governo. Forse, per carità sempre e solo all’interno delle alternative democratiche, una soluzione potrebbe esserci nell’adottare il sistema della Repubblica Presidenziale con il Premier eletto direttamente dai cittadini e a questi soli chiamato a rispondere, ma potrebbe essere soltanto un palliativo anche se pur sempre benefico. Un dubbio comunque ci resta: qualcuno forse ha fatto fuori Berlusconi dalla vita politica del paese non per il potere che era riuscito a raggiungere ma per il potere che stava per…togliere a qualcun altro più forte di lui, questo sospetto continuerà ad albergare nella nostra mente per molti anni… e forse per sempre.

Condividi quest'articolo su -->

Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

Cerca ancora

La furia cieca e lo stridor di denti della sinistra sconfitta

Dopo il successo clamoroso di “Fratelli d’Italia” si scatena nel paese la furia scomposta di …