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L’élite carica il fucile: con un colpo fuori Orban e internet

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Nel pugilato equivarrebbe a quell’ultimo afflato d’energie di un pugile sanguinante prima di andare al tappeto per knockout (KO). Nel gergo politico si traduce invece in quello squallido desiderio morboso di rimanere attaccati alla poltrona a qualsiasi costo. Anche in mutande, anche senza dignità.

D’altronde è una questione di potere e il potere è come l’energia, non si crea né si distrugge. Il potere c’è, bisogna solo essere abili a rimanervi attaccati per più tempo possibile. E così sembrano fare le cosiddette élites europee che dall’estate del 2016 ad oggi hanno preso sonore bastonate ad ogni tornata elettorale.

Il fronte sovranista vince ma non si compatta

L’allarme è arrivato dal progressivo trend positivo dei partiti che hanno una visione alternativa di Europa e del mondo rispetto a quell’idea di globalizzazione, con il denaro liquido al centro e l’uomo a fare ogni tanto da umile comparsa. Ecco a questa visione del mondo, venduta come fosse un eterno Erasmus, si contrappongono ora delle altre idee, molto eterogenee tra loro a dire il vero. Ed è proprio questa mancanza di unità ideologica nel fronte sovranista che ancora tiene in vita la moribonda schiera di chi resta faticosamente aggrappato allo status quo.

Sta mancando in effetti proprio quel colpo di grazia finale che sembrava arrivato con le ultime elezioni italiane, ma che in realtà è ancora conservato per momenti migliori. Paradossalmente quest’attesa potrebbe in realtà aver dato le ultime forze alle élites per tentare un’insperata rimonta.

Il rapporto Sargentini spinge Orban verso il club del Brexit?

Infatti, quando meno te l’aspetti, ecco che il redivivo Parlamento europeo ti piazza due colpi da stordimento. Il primo contro il Primo Ministro ungherese Viktor Orban, colpevole, secondo il rapporto di Judith Sargentini, di minacciare i valori fondanti dell’Unione europea. In questo rapporto si parla di un sacco di cose: di presunte violazioni alle libertà di stampa, di presunti ostacoli alla magistratura e di presunti divieti ad organizzazioni private straniere. Tutte accuse, per l’appunto, presunte.

Non a caso, nel suo discorso di difesa, il premier Orban ha fatto notare che chi ha redatto il rapporto non si è nemmeno preso la briga di farsi un viaggio in Ungheria per “tastare con mano” quanto messo nero su bianco. Fonti di seconda mano e antigovernative evidentemente bastano al Parlamento europeo per approvare il rapporto e procedere così all’applicazione dell’articolo 7 che, oltre a sanzioni economiche, toglierebbe il diritto di voto in Unione europea all’Ungheria. “Unitevi al club del Brexit e non ve ne pentirete” ha detto scherzosamente Nigel Farage in aula, invitando così Orban a risolvere il contenzioso.

…e invece Malta continua a essere impunita

Ambigua in tal senso rimane la posizione di parte del fronte popolare che, dopo essersi astenuta dalla votazione, ha giudicato “esagerata” la decisione di punire l’Ungheria, mettendo sul tavolo i casi di Slovacchia e Malta che, con governi “di sinistra”, sembrano avere problemi con alcuni principi di democrazia (vedi chiusura porti maltesi). Starà ora a Orban vendicarsi, organizzando un fronte in vista delle prossime elezioni europee (maggio 2019).

La direttiva sul copyright è “un disastro per internet come lo conosciamo”

L’altro duro colpo inferto dall’elite riguarda la direttiva sul copyright digitale, approvata anch’essa in seno al Parlamento europeo, dopo che era stata bocciata nel mese di luglio. Esito parlamentare che ha scatenato l’euforia dei media mainstream italiani ed europei che descrivono la direttiva come “moderna legislazione per tutelare il diritto di autore”. Di diverso avviso sono invece i giornalisti che lavorano prettamente sul web.

Claudio Messora, per esempio, attraverso il suo portale Byoblu fa sapere che attraverso la direttiva si delegherà ai social network la concessione di autorizzazioni alla pubblicazione di contenuti, attraverso complicati algoritmi. Un meccanismo che, secondo il giornalista del Fatto Quotidiano, oscurerà la maggior parte dei lavori di chi produce informazione su internet (e con pochi fondi).

Dello stesso avviso è anche la testata Motherboard Vice, di posizioni antitetiche a quelle di Messora, che descrive la direttiva come “un disastro per internet come lo conosciamo”. Insomma se il mainstream esulta e internet piange significa che le elites hanno ottenuto un risultato positivo in vista dello scontro finale delle prossime elezioni europee.

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Di Gabriele Tebaldi

Classe 1990, giornalista pubblicista, collabora con Elzeviro dal 2011, quando la testata ha preso la conformazione attuale. Laurea e master in ambito di scienze politiche e internazionali. Ha vissuto in Palestina, Costa d'Avorio, Tanzania e Tunisia.

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