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Dramma Rohingya: trattati come bestie dal Bangladesh

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Il Bangladesh sta effettuando spostamenti forzati di migliaia di rifugiati Rohingya su un’ isola remota che gruppi per i diritti umani definiscono un centro di detenzione.

I campi di Cox’s Baxar sovraffollati ospitano oltre 1 milione di profughi rohingya e per smaltire l’alta concentrazione di uomini il governo del Bangladesh sta trasferendo forzatamente gruppi di persone in quello che viene chiamato un “centro di detenzione su un’isola”. I rohingya sono un grande gruppo etnico di religione musulmana e già nel 2017 in più di 730.000 sono fuggiti dal Myanmar a causa di quello che le Nazione Unite hanno definito “persecuzione con intenti genocidi”. Dal 2 dicembre centinaia di profughi sono stati trasferiti in un centro di transito, costretti o convinti attraverso incentivi pecuniari.

Scioperi della fame per condizioni di vita che violano i diritti umani fondamentali

I gruppi umanitari si sono mobilitati per denunciare l’accaduto poiché il tutto si sta svolgendo senza l’appoggio di organizzazioni che possano tutelare gli spostamenti e i diritti dei profughi. Inoltre, ai giornalisti non è permesso entrare e quello che arriva sono soltanto informazioni limitate. L’isola designata ad accogliere i rifugiati è un luogo precario, essendo una terra emersa dal mare soltanto 20 anni fa e mai abitata, soggetta a inondazioni e frequenti cicloni. Dall’inizio di quest’anno più di 300 rifugiati sono stati portati sull’isola e a seguito degli scioperi della fame indetti per le condizioni di vita indegne alle quali sono condannati, sono stati picchiati con bastoni uomini, donne e bambini dalla marina bengalese.

La parola delle ONG

In un comunicato stampa del 2 dicembre  l’ONU ha affermato che le Nazioni Unite non sono state coinvolte nell’esercizio generale di ricollocazione dei rifugiati. Ha chiesto inoltre al governo di rispettare l’impegno di un trasferimento solo se volontario, garantendo diritti fondamentali e assicurando i servizi base ai profughi sull’isola.

Ismail Wolff, direttore regionale dell’organizzazione per i diritti Fortify Rights ha affermato:

I rohingya nei campi di Cox’s Bazar affrontano molti problemi e i campi sono sovraffollati e imperfetti, ma spostare le persone in un’isola isolata dove non hanno protezione o supporto da agenzie umanitarie internazionali o libertà di movimento non è la risposta.

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Di Francesca Russo

Francesca, laureata in Comunicazione Interculturale, oggi studentessa al secondo anno magistrale in Area and Global Studies for International Cooperation presso l'Università degli Studi di Torino.

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