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04-mar-05

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L’auto scivola silenziosa sull’asfalto, non propriamente liscio, che porta all’aeroporto di Bagdad.

 

Non è un’auto blindata quella che porta al volo verso l’Italia la giornalista Giuliana Sgrena, liberata grazie ad un lavoro certosino di intelligence, dopo un mese di prigionia in mano ad un gruppo terroristico poco conosciuto e legato alla Jihad islamica, che in precedenza si era reso colpevole del sequestro di altre due nostre connazionali.

In auto, oltre a due agenti dei servizi segreti e alla giornalista: Nicola Calipari, in forza ai nostri servizi segreti.

Nel percorso verso l’aeroporto un check point, uno dei tanti che serve a filtrare gli amici dai nemici.

Tutto tranquillo, ma è un attimo: una gragnuola di proiettili si abbatte sull’auto.

Calipari, con il suo corpo, fa da scudo alla Sgrena.

I proiettili lo colpiscono al cranio uccidendolo sul colpo: il resto degli occupanti è colpito e ferito in diverse parti del corpo, ma non in modo letale.

L’auto si ferma, i vetri in frantumi, gli occupanti in stato di shock per le ferite.

In quell’istante si palesa il periodo più buio delle relazioni Italia-America.

Oggi la Sgrena, commentando l’arresto di Vladimir Luxuria, si dice basita dell’accostamento della stessa alla sorte dei nostri due marò in India.

Ma prima di dirsi basita e sconvolta, avrebbe fatto bene a ricordare che chi l’ha tratta in salvo, pagando con la sua, è stato un militare, un uomo che aveva affetti, prospettive e sicuramente voglia di vivere.

Un uomo: un militare, che come i nostri marò ed i nostri soldati sparsi per il mondo in missione di pace, mettono ogni giorno a repentaglio la loro vita, in onore di una nazione e di una bandiera che rappresentano, e che non per questo sono degli assassini, dei delinquenti.

Bene cara signora Sgrena io personalmente la compiango e la considero una persona con una visione della vita drogata da una fede politica la quale ha dimostrato dal dopoguerra ad oggi, la sua non applicabilità ad un mondo in continuo cambiamento, ed il suo fallimento ideologico e culturale.

Alla sua persona preferisco ricordare Nicola Calipari morto per lei e per il suo dovere nei confronti dell’Italia, ed i due agenti dei servizi segreti italiani gravemente feriti.

Il 4 marzo è il giorno di Calipari.
Giuseppe Morello
 

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Di Redazione Elzeviro.eu

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