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Lotito: quando perseverare ultra diabolicum est

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Dopo i sogni di gloria della stagione passata il bel giocattolo Lazio, frutto di un mercato, quello dell’anno passato, finalmente degno di una squadra di serie A e di un allenatore bravo ad amalgamare il tutto, sembra essersi improvvisamente rotto, sfasciato, accartocciato su sé stesso. Peggiore inizio di stagione non ci poteva essere neppure nelle previsioni più fosche e sfasciste della vigilia. Dopo aver perso la finale di Coppa Italia, ecco che sono arrivate in ordine cronologico la sconfitta in Super Coppa contro una Juve tutt’altro che irresistibile, l’uscita ancora più drammatica dalla Champion’s contro i ben più tosti tedeschi del Bayer, e infine le due batoste epocali contro Chievo e Napoli con nove goal subiti in trasferta e zero goal fatti. La Lazio si è improvvisamente scoperta nuda senza neanche la più classica delle foglie di fico a coprirne le parti più vulnerabili.

I nodi (e…che nodi!) sono venuti improvvisamente, e tutti insieme, al pettine. La tifoseria, che a fine stagione si era stretta di nuovo intorno ai suoi nuovi eroi con tutto l’entusiasmo e l’amore possibili, è ora di nuovo sul piede di guerra e non solo: le presenze allo stadio sono destinate a diminuire in modo drammatico ed esponenziale al di là degli stessi pochi sopravvissuti tra gli abbonati che fra un po’ decideranno pure di starsene a casa a vedere…altre partite alla televisione. Ora riuscire ad individuare responsabilità precise di questo subitaneo sfascio potrebbe sembrare impresa ardua perché la realtà nelle sue tante sfaccettature è molto più complessa di quanto certe visioni manichee e precostituite vogliono di solito far credere. Per quanto riguarda casa Lazio le cose non stanno invece così: come storicamente e ciclicamente è già avvenuto negli anni susseguenti all’avvento di Lotito, è difficile, quasi impossibile non addossare precise colpe a chi sta gestendo la società Lazio come una (propria) impresa di pulizie.

Le colpe, e anche ostinatamente ricorrenti, da parte dell’attuale presidente sono ben evidenti e lo mettono con le spalle al muro. Che poi queste colpe vadano estese anche a chi avrebbe dovuto opporsi mettendoci, se del caso anche la faccia, è una logica conseguenza. L’errore più macroscopico e colpevolmente ricorrente è quello di aver impedito, ogni volta che se ne è presentata l’occasione, di fare quel definitivo salto di qualità che una piazza come quella biancoceleste meriterebbe e che sta aspettando dalla fine dell’era Cragnotti. Ogni volta infatti che si è riusciti a posare le fondamenta per costruire il famoso grattacielo, si è sempre deciso di limitarsi a costruire solo e soltanto un…ostello per la gioventù o al massimo un condominio popolare.

Errore questo che si è ripetuto con puntualità disarmante sia al tempo di Delio Rossi, sia a quello di Ballardini che infine a quello di Petkovic, con lo zio Edy Reja chiamato in fretta e furia alla fine per venire a tappare le pericolose voragini che si erano venute a creare. Ogni volta è sempre lo stesso sconfortante scenario con la società che, invece di investire per mettere mattone su mattone, sgretola quanto faticosamente costruito per allestire la solita squadretta da settimo decimo posto, squadra che però, in un paio di volte, è riuscita anche a precipitare addirittura al…ventesimo posto per quell’incredibile reazione a catena che si crea quando l’ambiente viene mortificato togliendo i sogni ma soprattutto gli stimoli e le ambizioni.

Anche quest’anno, con un terzo posto miracolosamente centrato e con una squadra che sembrava andare a mille, invece di andare a rafforzarla con innesti già pronti e operativi si è deciso di fare uno, anzi due passi indietro andando a scommettere da qui a due-tre anni su giovani non italiani, sulla via della loro…molto futura conclamazione atletico-sportiva, pensando che al resto ci avrebbero pensato i senatori con sul groppone un anno in più, determinante nel caso di un Mauri e di un Klose. Contemporaneamente sugli atleti che avevano contribuito a fare grande la Lazio, Biglia in testa, per passare poi a Lulic e Marchetti, si è fatto di tutto per non arrivare alla ridefinizione di un nuovo contratto con la conseguenza che soprattutto i primi due si sono ritrovati a corto di idee e soprattutto di motivazioni.

Ma non finisce qui, con una decisione frutto di un’ingenuità quasi oratoriale, si è deciso al tempo stesso di “costringere” Biglia a rimanere e…pure contento alla Lazio solo per il fatto di avergli riconosciuto la fascia da capitano che lui non aveva né chiesto né voluto. Operazione tremendamente rabberciata perché nel contempo si è annichilito e umiliato l’orgoglio con conseguente demotivazione finale, di chi quella fascia, vedi Candreva, l’avrebbe meritata. Gestendo male la questione centrale, anzi fondamentale di Biglia e della fascia di capitano, si è anche dimenticato che non esistono nella Lazio giocatori in grado di sostituire il nazionale argentino con tutte le conseguenze nefaste del caso perché il Biglia attuale, al di là dell’infortunio, non pare più animato dal sacro fuoco dell’obiettivo comune né dai richiami della bandiera. Con una squadra indebolita e annichilita dai precisi segnali provenienti da una società che non vuole avere né dare ambizioni, i rovesci patiti quest’estate sono solo la logica e ineluttabile conseguenza.

Pioli, dal canto suo, non è a sua volta immune da responsabilità in cascata. Infatti lui stesso avrebbe dovuto imporsi già a giugno e a luglio per avere quegli innesti di qualità che avrebbero facilitato il raggiungimento di quegli obbiettivi che invece sono già impietosamente svaniti. E ora deve essere pronto, così come fecero a suo tempo Ballardini e Petkovic, a subirne le conseguenze ovvero a diventare il capro espiatorio di quello che puntualmente si sta verificando di nuovo. Così è il calcio e così vanno le cose da queste parti dove chi sbaglia di solito non paga di persona ma si nasconde dietro chi in seguito viene “scelto” per immolarsi al suo posto. Gli altri errori di Pioli, costretto beninteso ad andare a nozze con i fichi secchi ovvero con quello che il convento gli ha effettivamente passato, sono stati quelli di aver “pasticciato” con moduli e contro moduli cercando disperatamente di adeguare gli uomini a disposizione alle indicazioni tattiche piuttosto che, al contrario, adeguare queste alle caratteristiche di chi aveva a disposizione. Ma, ripetiamo, il mister ha dovuto in primis fare buon viso a cattivo gioco con il materiale che aveva a disposizione a meno di non andare a pescare dalla Primavera di Inzaghi o chissà…pure dagli Allievi.

Un’altra caratteristica non propriamente vincente di Pioli, preso l’anno scorso ai saldi di stagione dalla Ditta Lotito & C., è quella forse di non essere mai stato un gran motivatore, dote questa che permette di aumentare l’autostima dei giocatori e la loro voglia e grinta sul campo: i ragazzi, a livello di personalità, sembrano infatti poco più che adolescenti allo sbaraglio. Ciliegina sulla torta, qualcosa ci dice che nella preparazione atletica di quest’estate qualcuno abbia clamorosamente “ciccato” le quote, responsabilità questa gravissima perché la squadra, pur formata in gran parte da giovani, sembra composta dai veterani di una squadra di scapoli e ammogliati con l’innesto di qualche vecchia gloria del calcio. Materiale umano che, in queste condizioni, ci pare utile soltanto per fare qualche partita-esibizione stile Nazionale dei cantanti o giù di lì. La conclusione di questa lunga e, ahinoi, alquanto disarmante disamina è che i tifosi laziali per quest’anno dovranno per l’ennesima volta abbandonare i sogni di gloria e aspettare almeno fino a quando l’era Lotito non sarà definitivamente tramontata. Non sarà entusiasmante ma almeno questa riflessione non induce a falsi miti o illusioni che in questo momento sono assolutamente fuori luogo.

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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