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Un popolo di Depressi

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Secondo l’OMS la depressione, nel 2020 diverrà la seconda malattia al mondo. Ma cosa sappiamo realmente della depressione?

Depressione. È una parola che fa paura, spaventa e fa sempre pensare a qualcosa che mai potrà colpire me, che sono forte, che non mi lascio abbattere. Eppure è talmente diffusa, che rischia di diventare nel 2020, secondo gli studi dell?OMS, la seconda malattia più prevalente al mondo, subito dopo le malattie cardio-vascolari.

I disturbi neuropsichiatrici sono sottostimati, come afferma Andrea Fagiolini, direttore del dipartimento di Salute mentale dell’ospedale universitario di Siena; rappresentano infatti il28% di casi di disabilità nel mondo, contro l?11% del cancro. Tuttavia, nonostante la grande espansione, nessun paese è ancora in grado di farvi fronte.

Le cause possono essere molteplici, individuate principalmente nella solitudine, le avversità, problemi economici e di relazione.

Le fasce pià colpite sono quelle più fragili: anziani e giovani.

Nel caso degli anziani, però, si pensa perlopiù che la tristezza sia normale al punto di non considerarla una patologia.

Nell’adolescenza i cambiamenti e le trasformazioni sono tante da lasciare nei giovani un senso di confusione e turbamento. In passato, gli sbalzi d’umore e di comportamento, erano considerati dagli esperti come un momento normale della vita adolescenziale, una fase che sarebbe stata presto superata.

Oggigiorno il giudizio si è fatto più severo: questi comportamenti possono essere segnali di depressione.

Negli ultimi 30 anni, i suicidi tra i giovani hanno visto un preoccupante incremento, senza contare le morti dovute a comportamenti a rischio con tendenza suicidaria.

Secondo L’Adolescent depression di David Brent e Boris Birmaher, circa il 5% degli adolescenti e l’1% dei bambini soffre di una depressione clinicamente rilevante. Svogliatezza, noia, irritabilità, sonnolenza, incapacità di concentrarsi sono i sintomi che spesso vengono confusi con la semplice pigrizia, portando i giovani a sentirsi ancora più incompresi e facendoli scivolare sempre più in quel tunnel.

Studi recenti tendono ad individuare un responsabile della depressione giovanile inInternet. Esso, infatti, facilita l’estraniamento dell’individuo da interazioni sociali normali, e dalla realtà del mondo esterno, fornendo un mondo alternativo nel quale potersi rifugiare.

E’ quindi inteso che Internet, interessando maggiormente il pubblico dei ragazzi, possa influenzare o facilitare la depressione.

La ricerca, condotta da Catriona Morrison, evidenzia che l’uso di Internet è associato alla depressione, ma non è ancora chiaro quale sia il rapporto che li unisce; è invece certo che un attaccamento eccessivo al web rappresenta un campanello d’allarme per questa patologia.

Facebook ha subito in prima persona accuse circa la sua responsabilità nel causare depressione. Accuse che sono state dimostrate infondate, ma che, dal momento in cui sono state sollevate, hanno portato alla luce numerosi dubbi.

Il social network è senza dubbio una vetrina della propria vita, dove però vengono immessi principalmente elementi positivi. Il confronto può indurre l’adolescente a credere effettivamente nei contenuti che trova nella rete, a credere nella perfezione delle vite altrui che gli viene presentata dallo schermo del suo computer. Impossibile non credere che sia possibile che ragazzi, che hanno già problemi comportamentali, e con bassi livelli di autostima, con tendenze all’isolamento, rischino di accentuare ancor più tali debolezze nel mondo dei social network.

 

Stefania Cavallini

 

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Di Redazione Elzeviro.eu

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