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I deboli non contano, anche se muoiono

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PALERMO – Nei giorni della bufera “Cancellieri”, in questo principio di autunno siciliano si scopre come, in Sicilia, si muore anche in carcere.

Il 3 dicembre scorso è morto, ma quasi nessuna testata ne ha parlato, Roberto Pellicano.

Chi era direte voi?

Un povero Cristo detenuto all?Ucciardone di Palermo, per piccoli furti.

Un ragazzo di 39 anni, ex tossicodipendente e malato di Hiv.

Era recidivo ai furti ed era stato condannato a otto mesi, ma dato il suo stato di salute, non doveva essere detenuto in carcere.

Roberto è morto per un attacco di asma, è morto soffocato, nessuno si è accorto che aveva bisogno di aiuto.

Il nostro sistema carcerario è da terzo mondo, vuoi per le strutture, vuoi per il sovraffollamento, ma per Roberto, un numero, nessuno ha fatto una telefonata e nessuno si è interessato.

Lui, noi, tanti, siamo dei “comuni mortali”, non apparteniamo ad élite o a caste. Siamo dei numeri: per noi, per i deboli, nessuno farà una telefonata.

Giuseppe Morello

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Di Redazione Elzeviro.eu

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