PALERMO ? Oggi per Palermo è una giornata particolare.
Il 19 luglio di 21 anni fa veniva assassinato con la sua scorta, il giudice Paolo Borsellino.La sua vita era stata legata a quella del suo collega e fraterno amico, Giovanni Falcone.
Una vita finalizzata alla ricerca della giustizia, di quella giustizia che persino lo Stato, o meglio parti dello Stato, contribuivano a rendere non giusta.
Sono passati 21 anni: è in questo lunghissimo periodo che la verità ha rischiato tante volte di annegare, prima di essere portata finalmente in salvo.Mi ricordo la lunga colonna di fumo nero, i notiziari e poi le immagini della devastazione in pieno stile Beirut.Ma in particolare ricordo il giudice Antonino Caponnetto.Quando si recò sul luogo della strage, le sue prime parole furono “È finito tutto!”.In cuor mio gli ho sempre rimproverato quelle parole. Non condannato: rimproverato; in parte perché capisco il particolare momento in cui sono state proferite, lo sconforto, il dolore per la perdita di un amico, di un collega e di un leale servitore dello Stato.Ma le sue furono solo parole di un momento straziante, parole gettate alle spalle per proseguire con caparbia nell’intento di sradicare il cancro della mafia.Ma sicuramente chi condanno è lo Stato, o perlomeno quella parte, che era ed è, stretta in un abbraccio mortale con la mafia.Allo Stato si rimprovera di non essere riuscito a fermare le stragi, di avere dovuto fare ricorso ai pentiti, per catturare personaggi come Brusca, Riina ed altri nomi “eccellenti”.Uno Stato le cui forze, il bene e il male, combattono in una guerra fratricida ed immorale.Uomini della levatura morale e civile come Falcone e Borsellino devono essere d?esempio a tutti, in particolare ai giovani, in un momento in cui la società paga un duro prezzo sociale ed economico, privo di prospettive per le nuove generazioni.Oggi a Palermo ricordiamo Borsellino, con iniziative che servono a formare i giovani attraverso un percorso di legalità.Ma la commemorazione deve superare il semplice momento dell?anniversario, per essere un vallo di demarcazione tra la legalità e l?illegalità, tra la società civile e i comportamenti mafiosi.Chinnici, Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino hanno tracciato un percorso, hanno tutti pagato con il sangue queste scelte di coraggio e la loro volontà indomabile di legalità.Lo Stato ha alternato momenti di presenza, a momenti assordante silenzio.Oggi ricordiamo, speriamo ed impariamo a condannare e a riconoscere la mafia come un cancro da sradicare dal tessuto di una società civile.
Giuseppe Morello© RIPRODUZIONE RISERVATA