Tigri di carta
Aloi Andrea
? 12,00
2013, 136 p., brossura
Genesi (collana Le scommesse)
Le poesie di Andrea Aloi raccolte in “Tigri di carta” edito da Genesi sono state scritte, come indica l?autore, tra il 1994 e il 2012. Questo dovrebbe essere d?insegnamento a chi pensa che la poesia sia solo un buttare giù i propri sentimenti quando si è felici o tristi, o per un?occasione speciale. La poesia è altro, è “an emotion recollected in tranquillity” (“emozione ricondotta in tranquillità”) diceva William Wordsworth, poeta inglese del XIX secolo, e non a torto: vuole i suoi tempi, non è bene pubblicare libri su libri di poesia, perché occorre riflettere ed elaborare per essere il più chiari e profondi possibile. E questa consapevolezza si ritrova in “Tigri di carta”.
Da “Onesto”, una delle ultime poesie di Aloi, si può comprendere come il poeta sia «scriba» invaso da «sgomento» nei «ritmi» che compone dal «labirinto suo». Due cose importanti ci dice l?autore: primo, l?importanza del ritmo, della musicalità, attenzione che molti “poeti” contemporanei (siano permesse le virgolette) tendono a tralasciare; secondo, l?interiorità come labirinto. Descrizione non affatto errata, se si immagina la pazzia come chi non possiede il filo d?Arianna per tornare alla realtà. “Amore” riflette sulla vuotezza che un utilizzo smodato ha portato a quel termine: «ormai svezzata/ decalcomania/ per gatti e bijoux». Ma tale considerazione si può estendere fino ad includere l’intera produzione poetica odierna che si fregia della solite parole e delle solite immagini.
Tra i versi di Aloi si scorge una certa ispirazione ad Eugenio Montale: certe tematiche e termini lo ricordano. Si veda, da “partito italico comunista” «stringi le fila ancora/ cerca il denominatore/ bene comune» o «si vive la vita/ in sala d?attesa» (“Sei qui”), dove “l?attesa” è tema tipico degli “Ossi di seppia” e, in parte, delle “Occasioni” o, ancora, da “1976” il termine «rete».
Un altro tema che si trova nelle poesie di Aloi è la critica verso l?Uomo e il mondo. Quella umana è una «storta natura» (“Secolo nuovo”), dove l?aggettivo “storta” ben rende l?idea di un qualcosa di naturale che devia, come una pianta che non cresce dritta. L?uomo ha prodotto una «zombie way of life» (“Biscotti e crema”) ed ora ne è vittima. La critica maggiore che Aloi scaglia la si trova ne “I preidiletti”:
«l?ultimo batterio
per vivere sa mutare
non così noi,
cervelli infiniti
prediletti da Dio».
Sostanzialmente l’Uomo è incapace di mutare, di cambiare prospettiva. Allora l’Umanità è meno scaltra di un batterio: si crede (anche storicamente), al centro dell’universo, figlia prediletta di Dio, eppure non sa (non vuole) cambiare. Particolare questo che la rende altro da tutti gli altri animali e che potrà (forse) determinare la sua estinzione.
Come conseguenza di questa natura storta dell?uomo troviamo che anche i rapporti personali soffrono e diventano sterili: «una vita fa/ erano amanti./ Ora due acciughe» (“Gli amanti”). E una vita serena di coppia è «fortuna/ per casi/ selezionati» (“Canarini”). E? la vita nel «misterioso acquario» (“Gli invisibili”) che, paradossalmente, asciuga l?Uomo, preso dal Domani, quando la felicità si trova nell?essere «senza un domani/ un privilegio/ da capretti intonsi» (“Il match”). Dunque un privilegio che si possiede solo nella giovinezza, forse solo esclusivamente nell’infaniza.
La poesia di Aloi colpisce per una sottile ironia di cui è tutta pervasa. “Sottile”, ma non mite o bonaria, anzi tagliente, ma non in maniera brusca come un coltello, semmai come un bordo pagina finissimo. Un?ironia che manda alla mente l?ultimo Montale, specie anche nell?attenzione alle piccole cose, come i canarini, i merli, i biscotti. Allora forse si capisce il senso del titolo “Tigri di carta” in questa, sempre ironica, autosvalutazione della propria materia poetica basata sul mondo quotidiano. Ma si capisce che il titolo stesso è ironico se si guarda ai 18 anni di gestazione, tempo che uno sprovveduto non avrebbe mai dedicato ad un singolo libro.
Luca V. Calcagno