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Troll russi o intolleranza al dissenso?

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Si apre l’indagine sugli attacchi web subiti da Mattarella, ma i profili incriminati sarebbero appena 400. E se l’ostilità verso il Presidente fosse spontanea e non orientata?

L’indagine sul presunto attacco informatico ordito ai danni di Mattarella, meglio conosciuto come “tweetstorm“, è stata ufficialmente aperta dalla Procura di Roma. Secondo gli inquirenti la condotta in questione, oltre ad integrare i reati di attentato contro il Presidente della Repubblica (ex 276 c.p.) e di offesa all’onore o al prestigio della suddetta prima carica dello stato (ex 278 c.p.), potrebbe essere frutto del mefistofelico piano orchestrato da un unico grande burattinaio con cadenza sovietica: fatto che potrebbe anche condurre alla formulazione del capo d’accusa di sostituzione di persona (ex.494 c.p.).

Un grande sospiro di sollievo per i rotocalchi asserviti alla corte della socialdemocrazia progressista, che spiegherebbe, finalmente, il motivo di un tale ed ingiustificato clima di odio nei confronti un’istituzione così equa, garantista, leale e di sani principi.

Un numero piuttosto esiguo

Tuttavia, non si tratta di odio, bensì di dissenso (cosa che nonostante la loro bibbia fondata sulla tolleranza e sul confronto di idee, non hanno mai saputo tollerare). Così come questa palpabile sensibilità non è rivolta a Mattarella in quanto prima carica dello stato, ma in quanto ultimo istituzione di rilievo a rappresentare una fauna politica in via di estinzione. In sostanza, quello che risulta indigeribile è la mancata approvazione circa l’operato di “uno dei loro”.

Ciò nonostante, se la procura dovesse riuscire a produrre delle prove a supporto dei propri sospetti, i profili controllati da questo ente sadico e misterioso sarebbero a malapena 400. Un numero davvero insignificante, se paragonato all’insoddisfazione generata dalla decisione del Presidente della Repubblica di opporre un veto –squisitamente politico- a Paolo Savona, impedire la fine di una fase di consultazioni eterna ed accendere la miccia di una delle più gravi crisi istituzionali della storia del secondo dopoguerra.

Una disapprovazione reale e spontanea

Sono trascorsi appena due mesi e mezzo da quell’infausto tardo pomeriggio del 27 Maggio: troppo poco tempo per non ricordare come la pancia del paese reagì di fronte all’operato di Mattarella. Parlare di una rivolta popolare contro il Presidente della Repubblica sarebbe iperbolico, oltreché antistorico, ma non v’è dubbio che quella presa di posizione generò un’enorme spaccatura all’interno dell’opinione pubblica e che una larga fetta della popolazione vide nello stop al governo Conte un’illegittima ingerenza presidenziale (tesi che, Costituzione alla mano, non poggia su delle basi così strampalate). Una fetta più che consistente, la quale, coincidendo con l’elettorato dei due partiti tuttora al governo, sommato a qualche altra forza politica (come FdI), rappresentò più di metà delle preferenze uscite dalle urne il 4 Marzo.

Di fronte a questa succinta panoramica riassuntiva, le conclusioni sono più che evidenti e si dirigono in senso diametralmente opposto rispetto a ciò che i vassalli mattarelliani massmediatici tentano di sostenere: la disapprovazione nei confronti del Presidente della Repubblica non fu orientata o manipolata da nessun agente esterno. Si trattò, sic et simpliciter, di una reazione popolare del tutto spontanea e del tutto inquadrabile all’interno del sentimento politico maggioritario presente nel paese. Un dato di fatto tangibile ed incontestabile, che la vera o presunta creazione di 400 profili troll (così come la sacrosanta sanzione nei confronti dei facinorosi della stessa risma di colui che augurò a Mattarella di fare la fine del fratello Piersanti) non può scalfire in nessun modo.

L’elitè incompresa ed il popolo inadeguato

La morale di fondo è sempre la stessa. Oltre a non aver ancora elaborato il lutto per le sconfitte elettorali maturate in giro per il globo, l’universo liberal-progressista continua a non interrogarsi sui motivi della drastica picchiata negli indici di gradimento, preferendo piuttosto nascondere la polvere sotto il tappeto e conferirsi da solo, in maniera autoindulgente, il titolo di elitè intellettuale incompresa.

In quanto elitè incompresa naturalmente, non possono essere loro a sbagliare la formulazione delle priorità dell’agenda politica, non recepire correttamente le istanze degli elettori o incorrere in errori di comunicazione. Giammai. Sono i loro oppositori ad essere dei bifolchi insensibili, privi di coscienza civile, educazione civica e consapevolezza. Sono coloro che non li premiano in sede elettorale ad essere dei reprobi, refrattari alle uniche proposte lungimiranti all’interno del palinsesto politico attuale.

Narrazioni funzionali e nessun esame di coscienza

Image result for troll russiDi conseguenza, l’eventuale ostilità nei confronti di questa corte di illuminati non si supera ascoltando i motivi del dissenso, bensì reprimendola o delegittimandola. E’ da questa arrogante corrente di pensiero che nasce la narrazione degli analfabeti funzionali, delle fake news a senso unico (nonostante propalatori di bufale come Riotta, Jebreal e Saviano stiano dalla loro parte della barricata), degli stravaganti algoritmi per decifrare l’attendibilità delle notizie, dell’emergenza razzismo di fronte ad ogni critica all’immigrazione incontrollata e, dulcis in fundo, degli hacker russi.

Loro non sbagliano. Loro, al massimo, non vengono compresi da un popolo inadeguato o plagiato da cospiratori esterni. Se le persone fossero realmente libere e consapevoli, ne conseguirebbe un plebiscito senza precedenti.

Quando si fermeranno per un esame di coscienza e capiranno che il dissenso è reale, spontaneo, nonché dovuto alla distruzione del lavoro, della sovranità economica, dell’indipendenza nelle relazioni internazionali e dello stato sociale, forse sarà troppo tardi. Auspicando che sia troppo tardi per loro e non per riaffermare la libera espressione di un dissenso ormai represso del tutto, a suon di colpi di dietrologia. Peraltro, una pratica notoriamente populista.

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Di Filippo Klement

Classe 1990, ha studiato giurisprudenza, a latere un vasto interesse per la storia contemporanea e la politica.

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