Il caso è scoppiato lo scorso venerdì, quando un agente dei servizi segreti tedeschi, finito sotto interrogatorio, ha confessato di aver fornito a più riprese informazioni riservatissime a Washington. In particolare sull’inchiesta del caso Nsa (Datagate). La reazione da parte della Germania non si è fatta attendere ed è stato immediatamente espulso il capo statunitense della Cia da Berlino. Anche la risposta della cancelliera Angela Merkel è stata immediata dichiarando che: “spiare gli alleati sia uno spreco di energie“, e ancora “vedo una differenza di principi molto grande rispetto ai compiti dei servizi segreti dopo la guerra fredda“.
Da parte degli Stati Uniti invece non vi è stata la minima ammissione di colpe o dichiarazione di scuse, ma anzi un sottile invito a mettere a tacere il tutto per proseguire “la stretta collaborazione” tra l’asse Berlino-Washington. Obama e i suoi 007 non hanno dunque la minima intenzione di allentare la presa sull’Europa nonostante i recenti scandali abbiano reso evidente all’opionione pubblica come la sovranità di molti paesi europei sia costantemente sotto minaccia.
Eppure se la reazione di Berlino per noi italiani, abituati a chinare il capo pur dalla parte della ragione (vedi Marò), ci pare adeguata, non è comunque proporzionata rispetto al torto subito. Un paese realmente indipendente dovrebbe minacciare gli States di interrompere le relazioni diplomatiche in caso di reiterato spionaggio illegittimo, per poi arrivare eventualmente ad un’interruzione totale dei rapporti politici e, per quanto si riesca, economici. Sappiamo tuti però che un’azione del genere non può essere intrapresa da un singolo stato europeo, ma dovrebbe essere una strategia comune di tutt’Europa, ormai palesemente controllata oltreoceano.
Il Datagate ha coinvolto tutti, ma nessuno ha osato alzare la voce contro Obama. L’Ue predilige dunque una politica di bieco asservimento agli yankees, oppure sarebbe finalmente doveroso intraprendere un cammino di reale autonomia?