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Piazza Tienanmen: 4 giugno 1989

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Sono trascorsi 25 anni dal massacro di piazza Tienanmen; ma in me il ricordo è ancora vivo

Tutto ebbe inizio con le manifestazioni di cordoglio in occasione dell’improvvisa morte del capo del partito comunista cinese Hu Yaobang.

Hu era un riformista e per gli studenti e gli intellettuali, la sua morte interrompeva le riforme attese volte a traghettare il paese in un’epoca più liberale e capitalista. In questo periodo, infatti, il mondo asiatico vive un particolare momento storico, legato alla fine della guerra diplomatica tra Cina e Russia.

La protesta nasce il mese di aprile e va avanti con alti e bassi, caratterizzati da momenti in cui la piazza degenera in un accampamento dimentico dei motivi da cui era originata la protesta.

Gli studenti e gli intellettuali tentano di sviluppare, con i dirigenti di partito, un confronto che porta di fatto ad una situazione di stallo fra i manifestanti ed il partito.

Per uscire dall’impasse Deng Xiaoping, che con gli anziani del partito “gli immortali“, promulga la legge marziale nella notte del 19 maggio, aprendo di fatto le porte alla repressione militare.

Gli studenti, avvertiti delle intenzioni di Deng Xiaoping tentano, invano, un confronto con i membri di partito.

Ecco il testo della lettera degli studenti ai dirigenti del partito comunista cinese:

« In questo caldo mese di maggio, noi iniziamo lo sciopero della fame. Nei giorni migliori della giovinezza dobbiamo lasciare dietro di noi tutte le cose belle e buone e Dio solo sa quanto malvolentieri e con quanta riluttanza lo facciamo. Ma il nostro paese è arrivato a un punto cruciale: il potere politico domina su tutto, i burocrati sono corrotti, molte brave persone con grandi ideali sono costrette all’esilio. È un momento di vita o di morte per la nazione. Tutti voi compatrioti, tutti voi che avete una coscienza, ascoltate le nostre grida. Questo paese è il nostro paese. Questa gente è la nostra gente. Questo governo è il nostro governo. Se non facciamo qualcosa, chi lo farà per noi? Benché le nostre spalle siano ancora giovani ed esili, e benché la morte sia per noi un fardello troppo pesante, noi andiamo. Dobbiamo andare. Perché la storia ce lo chiede. Il nostro entusiasmo patriottico, il nostro spirito totalmente innocente, vengono descritti come “elementi che creano tumulto”. Si dice che abbiamo motivi nascosti o che veniamo usati da un manipolo di persone. Vorremmo rivolgere una preghiera a tutti i cittadini onesti, una preghiera a ogni operaio, contadino, soldato, cittadino comune, all’intellettuale, al funzionario di governo, al poliziotto e a tutti quelli che ci accusano di commettere crimini. Mettetevi una mano sul cuore, sulla coscienza. Quale sorta di crimine stiamo commettendo? Stiamo provocando un tumulto? Cerchiamo solo la verità ma veniamo picchiati dalla polizia. I rappresentanti degli studenti si sono messi in ginocchio per implorare “democrazia”. Ma sono stati totalmente ignorati. Le risposte alle richieste di un dialogo paritario sono state rinviate e ancora rinviate. Che altro dobbiamo fare? La democrazia è un ideale della vita umana, come la libertà e il diritto. Ora, per ottenerli, noi dobbiamo sacrificare le nostre giovani vite. È questo l’orgoglio della nazione cinese? Lo sciopero della fame è la scelta di chi non ha scelta. Stiamo combattendo per la vita con il coraggio di morire. Ma siamo ancora dei ragazzi. Madre Cina, per favore, guarda i tuoi figli e le tue figlie. Quando lo sciopero della fame rovina totalmente la loro giovinezza, quando la morte gli si avvicina…puoi rimanere indifferente?»

Il partito comunista, immobile sulle proprie posizioni, la notte del 3 giugno 1989, ordina all’esercito con carri armati, blindati e truppe di liberare la piazza e di usare le armi per reprimere la protesta.

La mattina del 4 giugno la piazza e le strade limitrofe erano libere: il regime comunista cinese le aveva liberate nel solo modo che conosceva, con la forza delle armi, con il sangue.

Sono stato in Cina nel 1991, della rivolta non rimaneva alcuna traccia, e l’interprete non voleva parlarle, era tabù.

Con il passare degli anni il regime ha mistificato la realtà, ha cambiato le motivazioni; ufficialmente i manifestanti erano al servizio delle potenze straniere, ha punito nei modi che conosce e che applica costantemente, tutti quelli che poteva individuare e colpire.

A monito di tutte le dittature rimane la foto ” Il Rivoltoso Sconosciuto di piazza Tienanmen” scattata da Jeff Widener, Associated Press.

La libertà non ha prezzo e, molto spesso, il prezzo è la vita.

Giuseppe Morello

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Di Redazione Elzeviro.eu

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