Il candidato alla poltrona di presidente della Repubblica federale americana intraprende una campagna elettorale appassionata impugnando i temi tipici del partito conservatore Usa, compresa la saldatura dell?alleanza fraterna con Israele.
Il candidato repubblicano si reca in Israele ed appositamente nomina Gerusalemme come la capitale dello stato sionista, mentre tale status è non riconosciuto a livello internazionale. La città in questione è la città sacra di tre religioni ed il suo territorio è conteso con la Palestina. La capitale d?Israele è Tel Aviv (qui hanno sede vari ministeri e quasi tutte le ambasciate) e tale situazione permarrà fino a quando le dispute territoriali con la nazione palestinese non verranno risolte.
Ma Mitt Romney va anche oltre.
Avalla la brama di Netanyahu di attaccare la Repubblica islamica dell?Iran. Accolto estaticamente dal leader israeliano, il candidato conservatore alla poltrona della Casa Bianca non va per il sottile. Può però sembrare che la campagna elettorale di quest?uomo abbia conseguenze che vanno invero ben oltre i confini dei suoi distretti elettorali. Può (ben) apparire che le conseguenze della sua intraprendente campagna vadano ad investire gli animi di milioni di persone, ebree e mussulmane, andando a soffiare sul fuoco di una situazione già incandescente.
Il quesito è il seguente: può il mondo tremare per una poltrona, ancorché essa sia ancora probabilmente la più ambita delle Terra?